Venerdì, 03 Maggio 2024

Archeoclub Santu Lussurgiu

Archeoclub Santu Lussurgiu

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  • Come aprire una sede locale nel tuo Comune

    2017NORME PER LA COSTITUZIONE DI UNA SEDE LOCALE

    La sede locale, che prende il nome da un Comune, da un territorio, da un comprensorio, oppure da un'area storica o geografica, si intende costituita con l'approvazione da parte del Comitato Direttivo della richiesta avanzata da cittadini italiani maggiorenni che abbiano compilato gli appositi moduli per divenire soci ordinari e che siano almeno in numero di quindici.
    In uno stesso Comune, solo ove se ne ravvisi la opportunità, possono essere costituite anche più sedi locali, le quali assumono la denominazione del Comune accompagnata dal nome della suddivisione amministrativa (quartiere, terziere etc.) o geografica (sud, nord etc.).
    La sede locale persegue lo scopo istituzionale dell'Associazione in un ambito territoriale o comprensoriale collegato ad uno o più comuni ed opera in piena autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale nel rispetto dello Statuto.
    In alternativa a tale procedura la costituzione di una sede locale può altresì avvenire per “formazione progressiva” secondo la seguente direttiva:

    • almeno cinque persone aventi i requisiti per divenire soci ordinari costituiscono un Comitato promotore;
    • il Comitato promotore inoltra domanda al Comitato Direttivo, il quale per il periodo di due anni registra la sede costituenda tra quelle in formazione progressiva;
    • raggiunto il numero di 15 soci la sede è automaticamente costituita senza ulteriore approvazione a condizione che entro 60 giorni dal raggiungimento del limite di soci siano tenute regolari elezioni per la nomina degli organi sociali e ne sia data regolare comunicazione degli esiti al Comitato Direttivo;
    • nella costituzione in “formazione progressiva” la sede istituenda ed i soci ad essa iscritti sono considerati a tutti gli effetti Sede locale e Soci di Archeoclub d'Italia;
    • se al termine del secondo anno non si sia raggiunto il limite minimo, il Comitato direttivo, delibera la chiusura della Sede.

    Moduli utili:

    - Richiesta di costituzione al Comitato Direttivo
    - Modulo d’iscrizione
    - Modulo di versamento delle quote sociali

  • Giovanni Salaris

  • Gramsci

    occhialiGRAMSCI

    Regia di Piero Nelli

    Produttore: Libero Bizzarri e Gigi Martello

    Anno: 1958

    Sulla base delle "Lettere dal carcere" e di notizie storico biografiche, il documentario propone una rievocazione poetica della personalità umana e intellettuale di Antonio Gramsci. Dalle mura della casa penale di Turi, dove Gramsci, condannato dal tribunale speciale, passò lunghi anni, le immagini ci riportano alla nativa Sardegna e agli anni della sua formazione a Torino. Vengono quindi rievocati gli anni della guerra e quelli tormentati del primo dopoguerra e del fascismo, e con essi l'attività intellettuale e di dirigente di Antonio Gramsci, che rapidamente lo trasforma in una figura di primo piano nella vita politica e culturale nazionale ed internazionale. Nella cella della casa penale di Turi nascono i "Quaderni dal carcere". Fino all'ultimo, come testimonia la sua lettera al figlio, il suo pensiero è rivolto agli uomini e alle vicende della loro vita.

     

  • I mulini e le gualchiere a Santu Lussurgiu *

    gualchieraPer quanto riguarda la collocazione storica dell'origine dei mulini e delle gualchiere a Santulussurgiu, non si hanno per ora attestazioni scritte in proposito. Forse l'impiego di queste macchine fu diffuso e traman­dato dai monaci Camaldolesi del monastero di Bonarcado, che certamente sfruttarono anche i corsi d'ac­qua del territorio nel quale sarebbe poi sorta la comunità di Santulussurgiu (1).

    La presenza e la vicinanza alla risorsa idrica, la possibilità di sfruttare il regime idrico hanno costituito elementi determinanti per lo sviluppo dell'attività molitoria e l'orga­nizzazione produttiva e sociale della comunità.

    Lo stesso Angius fa notare come "le innumerevoli sorgen­ti del lussurgese (...) danno moto a macine e gualchiere" (2) che caratterizzavano in modo rilevante l'economia del paese.

    I complessi di fabbricati e macchine idrauliche erano dislocati a sud-ovest e a sud-est del centro abitato, in zona denominata SOS MÒLINOS e S'AU 'E SU SALIGHE.

    Grazie alla forza motrice fornita dai torrenti perenni che scendevano dal Montiferru, si sviluppò quella singolare attività preindustriale che caratterizzò il paese specialmente tra la fine dell'Ottocento e gl'inizi del Novecento.

    Si è affermato che i numerosi mulini e gualchiere che sor­sero nelle zone indicate hanno costituito "una straordina­ria infrastruttura, un vero museo di archeologia paleo­industriale della Sardegna" (3).

    mulino bI mulini erano tutti di modeste dimensioni, così come le loro capacità produttive. Il meccanismo, che veniva azionato da piccole masse d'acqua, era a ruota orizzontale, capace di macinare modeste quantità di grano sufficienti a soddisfare unica­mente le limitate esigenze delle singole famiglie lussurgesi (4) e dei paesi vicini.

    Non essendoci, perciò, alcuna produzione commerciale di farina, si può affermare, e così è stato confermato dalle testimonianze, che il mestiere del mugnaio, anche se costituiva la principale fonte di reddito, era un lavoro poco redditizio; considerato inoltre che, per consuetudi­ne, il lavoro veniva retribuito in merce e raramente in moneta.

    La gualchiera, macchina idraulica a ruota verticale, follava a mezzo di magli l'orbace, panno di grossa lana di peco­ra, che serviva per confezionare mantelle, coperte e vesti­ti nonché le uniformi fasciste (5).

    Sempre nel dizionario dell'Angius-Casalis si legge che "nei fiumi di Santulussurgiu, nei quali si ha un tal volume da mettere in moto gli ordigni, è delle medesime un gran numero. Vi si lavora sempre, perché anche dai villaggi dei vicini dipartimenti si portano a sodarle molte pezze di forese" (6).

    Se la lavorazione dell'orbace rispondeva, quindi, a com­messe che andavano ben oltre le richieste locali (7), non sorprende, apprendere che "l'industria" della lavorazione dell'orbace era sufficientemente prospera da essere con­siderata fonte di guadagno; poiché il lavoro era remunerato con moneta e raramente in natura. Tuttavia dalle noti­zie forniteci, si evince che in tempi più recenti il guada­gno non fosse così elevato, poiché il reddito di cui il gual­chieraio disponeva era sufficiente al solo sostentamento familiare.

    Purtroppo, non abbiamo avuto l'opportunità e la fortuna di rintracciare i libri contabili delle attività oggetto della nostra ricerca.

    Non bisogna dimenticare infatti che, solo durante il periodo fascista, i mugnai, nulla si sa dei gualchierai, erano obbligati alla tenuta dei registri contabili dai quali risultas­se la quantità del grano che veniva macinato.

    Solo le testimonianze ci hanno consentito, come si vedrà, di farci un'idea di quelle che potevano essere le entrate e le spese del gualchieraio e del mugnaio; di conoscere la qualità e la quantità del prodotto lavorato; nonché le fasi e i periodi delle operazioni.

    Oltre le spese per la vendita e la riparazione delle macchine e per la manutenzione degli edifici, che seppur minime incidevano comunque sul bilancio familiare, il gualchieraio e il mugnaio erano tenuti a pagare all'erario la tassa annuale governativa sull'uso dell'acqua, quale bene del demanio, il cui ammontare è andato aumentando con il passare degli anni.

    Il mulino come la gualchiera erano proprietà di persone che esercitavano il solo mestiere del mugnaio e del gualchieraio: pochi erano quelli dati in affitto. Quando questo accadeva, il contratto di affitto tra il proprietario e l'affittuario, che veniva stipulato oralmente o per scrittura pri­vata, comportava per l'affittuario l'obbligo di corrispondere il canone stabilito che, generalmente per il gualchieraio avveniva in denaro e per il mugnaio in natura (grano in luogo di denaro).

    Si apprende da fonti storiche, che il numero dei mulini negli anni considerati si aggirava intorno alla cinquantina e il numero delle gualchiere venticinque (8).

    Questo fu certamente dovuto a un insieme di fattori sociali e ambientali: come si è già detto, in questa direzione spingevano sia il bisogno della famiglia di procurarsi la farina per la provvista familiare, sia il considerevole aumento della popolazione nel periodo considerato, ma l'attività molitoria e follatoria fu soprattutto favorita dalla presenza dei vari ruscelli, che determinarono la scelta dei siti.

    Nell'immediato dopoguerra l'attività molitoria nell'agro lussurgese, come nelle altre zone della Sardegna, viene a trovarsi in una situazione di completo declino che non doveva più fermarsi fino agli "anni 70".

    Si verifica ormai l'avvento di "industrie molinologiche" capaci di produrre farina in quantità superiore a quella dei mulini, sottraendo così, tutto il settore di trasformazione dei cereali all'ambito locale e familiare. Ciò determinò la definitiva scomparsa dei mulini ad acqua.

    In quegli anni, quasi contemporaneamente al venir meno dei mulini, scompaiono anche le ultime gualchiere; la loro capacità produttiva si trova in difficoltà di fronte ai nuovi mezzi di produzione tessile.

    L'orbace, impiegato anche per confezionare vestiti, venne sostituito da stoffe più raffinate.

    Con il definitivo abbandono dei mulini e delle gualchiere ebbe inizio il progressivo deterioramento degli edifici, di cui attualmente, nelle zone sopra indicate e ormai inselvatichite, non ne rimangono che i ruderi.

    Tuttavia, naturalmente inoperanti, nella zona si trovano due mulini ancora in buone condizioni, tant'è vero che è possibile farli funzionare ed assistere alla macinazione del grano.

    Altrettanto non può dirsi dell'unica gualchiera esistente, situata nella zona "S'AU E S'ALIGHE", che a causa delle continue ruberie dei pezzi che la compongono, si trova in precarie condizioni.

    La gualchiera e un mulino, anch'esso in rovina, sono stati acquistati dal Comune di Santulussurgiu con l'intento di riattivarli e riportarli all'originaria funzione, naturalmente ai soli fini culturali e antropologici. Inoltre un mulino idraulico e una gualchiera sono conservati nel Museo della Tecnologia Contadina di Santulussurgiu che, sorto nel 1976 è l'unico che dispone di numerosi strumenti di lavoro e oggetti di uso quotidiano del passato contadino e artigiano lussurgese.

    ________________

    * In: COMUNE DI SANTU LUSSURGIU, Il Mulino e la Gualchiera. I mezzi tecnicie le attività operative del passato., Ediz. Scuola Sarda, Cagliari 1995

    (1) Presumibilmente il paese si è formato attorno alla chiesetta campestre di San Lussorio, e appartenne prima al Giudicato di Torres e poi di Arborea.

    (2) Cfr. Angius - Casalis, Dizionario Geografico Storico Statistico Commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, vol. Il pp. 395-397, Torino 1839.

    (3) Cfr. Sanna - Angioni, in L'archittetura popolare in Italia, pp. 110-111, Roma - Bari, Laterza 1988.

    (4) la cui consistenza demografica era nel 1871 di 4.564 ab.; nel 1901 5.047 ab.

    (5) Nel periodo fascista il tessuto delle divise era in "orbace sardo" nome riservato al solo tessu­to prodotto in Sardegna per differenziarlo da quello (meno pregiato) prodotto dall'industria tessi­le continentale.
    Al fine di aumentare la produzione e la quantità vennero utilizzate nella fabbricazione del panno di orbace macchine azionate dall'elettricità al posto della medievale "gualchiera", soggetta al regime di magra dei torrenti. Cfr. Vincenzo Catte, L'orbace Sardo.

    (6) V. Angius - Casalis, op. cit. pag. 210 vol. I; La lana delle pecore si lavorava tutta nel paese, e non bastando per i lavori se ne introduce altra e non poca dai paesi vicini, Ibid. p.. 400, vol. II.

    (7) ... Si dice che questo villaggio fornisca annualmente più di 1.500 pezze di albagio, ch'è il più apprezzato in tutta l'isola, e del quale gli abitanti del luogo fanno un commercio molto attivo. Cfr. A. La Marmora, Op. cit., p. 361.

    (8) Cfr. Angius; Angioni - Sanna, Op. cit.

  • Joseph Pintus

  • Nuraghe Banzos - Santu Lussurgiu

    DSC05054È un bel nuraghe monotorre, abbastanza maestoso se lo si osserva dall'interno come abbiamo fatto noi. Si trova in territorio di Santu Lussurgiu, non troppo distante dal centro abitato, in una zona frequentata anche nel periodo romano, tant'è che nelle vicinanze è possibile visitare i ruderi forse di un antico "bagno".

    Si arriva a Nuraghe Banzos percorrendo in macchina diverse strade asfaltate, oppure alcuni sentieri, se si sceglie di camminare a piedi, a cavallo o in mountain-bike, e arricchire così l'escursione.  

     Purtroppo, come avviene per tantissimi altri monumenti archeologici della Sardegna, anche questo versa in pessimo stato di conservazione per le macchie di rovi che l'avvolgono e diversi arbusti che crescono sulla sua sommità. In particolare, è minacciato da un grosso bagolaro (Celtis australis L.) che gli cresce in un fianco, e che sicuramente manterrà fede all'altra denominazione con cui quest'albero è chiamato: Spaccasassi!

    Il compianto maestro Francesco Antonio Salis fondatore del Museo etnografico di Santu Lussurgiu che oggi porta il suo nome, lo descrive così:

    DSC05068NURAGHE BANZOS “B”

    Sorge su una collinetta in una zona ricca di reperti archeologici sicuramente sede di un insediamento di dimensioni considerevoli ed abitata in varie epoche. A poche decine di metri scorre il Rio Banzos.
    Il nuraghe è monotorre e presenta una planimetria molto semplice: ingresso a sezione trapezoidale con architrave, corridoio e cella alla quale si accede tramite un ingresso ad arco ogivale alto m. 5,50. La camera, la cui volta è crollata, è perfettamente circolare con un diametro di m. 4,65.
    Non sono presenti né nicchie né scale. Esiste invece la breccia di scarico sull’architrave d’ingresso.
    I massi sovrastanti l’apertura principale presentano una rientranza minima, e danno così alla costruzione un aspetto cilindrico.

     

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