Nuraghe Scova 'Era - Bonarcado*
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Scova ’Era**
Regione: Serra e Crastula Dis. 10-13 Tav. 14-19 Carta 29
Collocato ai margini orientali di un ampio pianoro basaltico denominato Serra Crastula (il territorio delle pietre, da cui viene il nome con cui ne fu data la prima notizia nella letteratura), l’imponente edificio, indicato nella carta I.G.M. col
nome di Scova era (o Iscovaera), è posto su una piccola sella che s’affaccia sulla stretta e profonda solcatura, ricca di vegetazione, dove scorre perenne il Rio Tzispiri (errato Cispiri delle carte I.G.M.), un fiume minore, ricco d’acque anche nella stagione estiva. Di rimpetto, come a guardia di un passaggio obbligato verso le alte zone interne, sopra un alto sperone attorniato dai sinuosi solchi della valle, si staglia il nuraghe Sos Falosos, un monotorre a sviluppo verticale (v. scheda n. 40), presso il quale è la bella tomba di giganti omonima, di tipologia evoluta.
Ad un primo sguardo, il singolare edifìcio megalitico Scova ’Era si confìgura come un gran bastione di fattura ciclopica ma la sua complessità è ancora più articolata dall’aggiunta, intorno a settentrione, di un bel nuraghe circolare a sviluppo verticale. L’insieme costituisce dunque un unico edificio complesso dove elementi architettonici, tecniche e moduli costruttivi diversi s’incontrano, in un indicativo sincretismo.
Il bastione è costituito da una piattaforma di notevoli dimensioni, con forma tra il quadrangolare e l’ellissoidale, spigoli arrotondati, lati convessi o rettilinei e sinuosi, con dimensioni massime di circa m 22 per oltre m 17. All’estremità Nord, decentrato rispetto all’asse mediano, in posizione tangente, si distingue la torre circolare, più evoluta per tecnica e per impianto.
L’edificio si conserva abbastanza bene nel contorno ed è osservabile da quasi tutti i lati, che conservano un’altezza maggiore nei lati Est ed Ovest dove giunge a circa 5 metri, mentre si mostra più fortemente spoliato nel lato breve di Sud, verso la ripida china, e intorno a Nord presso il raccordo con la torre circolare. Ben tre ingressi, uno per ciascun quadrante astronomico solatio, sormontati da robusti architravi, introducono a corridoi rettilinei, coperti con lastre, ancora percorribili.
Dall’ingresso ad Ovest si entra in un corridoio, ampio e rettilineo, per circa 4 metri, fino ad un punto in cui si aprono, ad entrambi i lati, lievemente decentrate, due grandi nicchie o piccole stanze dalla planimetria ovoidale, con pareti aggettanti, più marcatamente sul fondo, ma con copertura ad ampie lastre; sul davanti, al proseguire del corridoio, si avvia un cunicolo che si diparte in due aperture: sul fondo s’accedeva ad una piccola stanzetta piena di blocchi di crollo e terra, mentre alla sinistra c’è un corridoio ora senza sbocco, totalmente impraticabile. Tutti gli ambienti descritti, raggiungibili dall’ingresso Ovest, sono collocati sul piano inferiore, seminterrato, e appare verosimile la presenza di una rampa con scale che dovesse consentire il raggiungimento dei piani soprastanti. E opportuno osservare come i lastroni che ricoprono tutti gli spazi descritti sono di dimensioni davvero ragguardevoli, specialmente l’impressionante lastra che da sola, copre l’intero spazio del disimpegno centrale, le cui grandi dimensioni (m 2,30x1,75x0,60), per quanto è di mia conoscenza, la collocano al vertice fra quelle sovrastanti stanze e corridoi.
Proseguendo la descrizione in senso antiorario e secondo i livelli abitativi dell’e- dificio, intorno a Sud s’accede ad un corridoio d’impianto obliquo, semiostruito e pericolante, dalle coperture gradualmente salienti, profondo circa 5 metri, dove s’intuisce la presenza di uno spazio-disimpegno che introduceva in due direzioni, verso ambienti ora non osservabili perché crollati e ricolmi di pietre: verso sinistra parrebbe condurre in una stanzetta, mentre alla destra sembra proseguire come corridoio, come se dovesse intercettare un raccordo col passaggio proveniente dal terzo ingresso, di cui si dice avanti. In questo punto l’accumulo dei crolli è tanto fìtto e alto da non consentire alcun’altra lettura dello sviluppo interno dei vani.
Dall’apertura posta intorno ad Est si percorre un corridoio rettilineo profondo circa 4 m, al cui fondo, fra l’alto accumulo di blocchi di crollo che impedisce ogni altra lettura di vani interni, si leggono gli stipiti che segnano l’avvio di due risvolti: uno alla destra, in direzione della torre circolare aggiunta; uno alla sinistra, verso il corridoio di Sud e, forse, a raggiungere l’accesso di un’ampia camera allungata, come si può desumere dall’osservazione del corrispondente tratto esterno, al colmo del bastione. Non può essere detto se il corridoio continuasse ancora in profondità, né se ci fosse una rampa che conducesse al piano ancora più alto, del quale sopravvive una sola apertura (soli stipiti sormontati da un architrave) singolarmente ancora in piedi.
Per quanto detto, possiamo affermare che questo nuraghe arcaico si configura come un vero e proprio palazzo complesso, ricco di passaggi, angoli, stanze, stanzette, nicchie, scale, rampe e, anche se non più osservabili, spalti con parapetti di protezione. I vani erano disposti a più livelli (almeno quattro), sfalsati fra loro e sovrapposti solo in parte.
Sulla piattaforma si osserva una miriade di pietre di piccola e media pezzatura che contrasta marcatamente con l’imponenza dei grossi blocchi, dal taglio naturale, collocati nei paramenti esterni. Osservando con attenta cura, dalla disposizione dei blocchi è possibile individuare sia pur brevi e talora vaghi andamenti murari, che potrebbero ricondurre a possibili corridoi e vani dalla forma imprecisabile, solo in parte messi in rapporto agli accessi descritti. Singolare e indicativa è la segnalata apertura testimoniata da un solitario architrave residuo, certamente pertinente ad un corridoio ora pieno di pietre e ad un vano totalmente demolito, a chiara ed ulteriore conferma della complessità dell’impianto. Parrebbe che da tutti gli ingressi fosse possibile raggiungere le parti alte dell’edifìcio, e persino il cortile interno, oggi obliterato da uno spesso riempimento, antistante la torre circolare aggiunta, che fu unita tramite un rifascio ma che è, da un punto di vista architettonico, distinta dalla piattaforma. Dunque è fondato ipotizzare la presenza, intorno a Nord, di un antico quarto ingresso al bastione, riutilizzato in seguito come sbocco verso la nuova torre addossata. Quest’ipotesi è giustificata da due motivi: da un risvolto verso quella direzione in fondo al corridoio di Est e dalla difficoltà obiettiva a ritrovare, nei paramenti murari esterni, il segno di un accesso alla torre aggiunta.
Per una sistemazione cronologica e culturale del nostro nuraghe-palazzo osserviamo come, alla base del paramento esterno sono impostati grandi blocchi ciclopici, di taglio naturale, dalle dimensioni notevoli, sui quali si sovrappongono massi altrettanto grossi, ma di dimensioni progressivamente minori, tutti disposti ad incastro reciproco; lo spessore dei muri è pure notevole, ma è costituito da pietre relativamente piccole, contenute fra i paramenti murari detti e gli interni, che sono realizzati con blocchi di medie dimensioni, sempre ad incastro reciproco. Ben si vede, ii^ sostanza, come le peculiarità costruttive siano perfettamente riconducibili a quelle utilizzate nelle grandi muraglie d’epoca eneolitica, dalle quali certamente quest’edifìcio tecnicamente discende, e quest’aspetto può consentire di proporre una data d’impianto che non potrebbe discostarsi di molto dalla fine di quell’epoca. In quest’edifìcio, rispetto alle muraglie, si può rilevare non solo una maggiore complessità, ma anche un notevolissimo progresso architettonico sia in rapporto allo svilupparsi degli ambienti interni sia alle soluzioni d’opera.
Un ampio crollo, dovuto a spoliazioni antiche, non consente di osservare l’intero perimetro esterno della torre circolare aggiunta, ora visitabile solo dall’alto; l’interno mostra una grande camera circolare (diametro m 5,10 x 5,40), gravata al centro da oltre tre metri di massi provenienti dalla demolizione della copertura ad ogiva. Dalla camera ben si distingue l’architrave esterno posto sull’ingresso, che s’affaccia al piccolo cortile compreso fra i due corpi murari, completamente obliterato dall’interramento e dalle macerie, e il corridoio d’accesso alla camera, che s’innalza con bella fattura nel raccordarsi al vano, progredendo in ammirevole altezza con luce angolare (si calcolano circa m 5,80 sul pavimento antico).
Da quanto oggi si possa osservare, nessuna nicchia, né apertura segna il corridoio e, a conferma, l’accesso che introduceva alle scale intermurarie si trova nella parete della camera, ad una certa altezza (si calcola 4,50 m circa dalla base), alla destra per chi entra. Dietro i conci degli stipiti di quell’apertura, il vano delle scale è completamente mancante a causa del forte degrado della parete esterna: esso si trovava, infatti, proprio in corrispondenza dell’esteso crollo che, come detto, impedisce una chiara lettura, non solo del perimetro esterno di questa torre ma anche l’importante conformazione del raccordo esterno fra i due edifici.
A causa della condizione del monumento, non possiamo ora stabilire se e quanta parte deiredificio antico fu demolita o modificata per le esigenze del nuovo assetto architettonico o se, più probabilmente, fu semplicemente adattata per consentire un adeguato addossamento, cosa che dovette segnare il giungere di tempi nuovi, con diverse esigenze sociali e con tecniche costruttive ben più evolute.
Non sfugge come il complesso di Scova ’Era sia uno dei più straordinari esempi di una tipologia di nuraghe-palazzo, molto antica, non solo rara ma anche molto rilevante per la ricostruzione di un particolare clima sociale ed economico, nell’ambito dell’evoluzione della civiltà nuragica. Questi tipi di nuraghi, forse per la diversità e la difficoltà d’esegesi delle strutture, certamente non sono ancora studiati in maniera opportuna, a segno del lungo cammino di studi che ancora deve essere compiuto e che può essere intrapreso proprio a partire dallo Scova ’Era.
* Scheda n. 34 tratta dalla pubblicazione della Pro Loco di Bonarcado e del CSCM (Centro Studi Culture Mediterranee), Autore: Giacobbe Manca, Bonarcado Antica. Archeologia del territorio, Studiostampa, Nuoro 2002, pp.123.127 e 178-180.
** Questo nuraghe è indicato, erroneamente, come Serra Crastula nella letteratura recente (Lilliu), mentre con questo nome il Taramelli chiama, sbagliando, il nuraghe detto Sos Falòsos, presso la tomba di giganti omonima: entrambi i monumenti sono ubicati nella sua carta archeologica in posizione corretta. Il vero Serra Crastula è più a Sud dello Scova 'Era.
Bibliografia relativa, Spano, Taramelli, Lilliu
Come si raggiunge: dalla S.S. Bonarcado-Paulilatino, dopo circa un km, alla sinistra, per un sentiero lastricato col cemento, fino al deposito della sorgente di Bau Nou dell’acquedotto per Oristano; si prosegue a piedi per un breve sentiero, quindi a destra attraverso l’esteso chiuso comunale alberato, verso oriente, per circa 500 metri. Proprietà: comunale