Una storia tra le storie, il Soldato Luigi Garbati
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Luigi Garbati - Soldato
Garbati Luigi, fu Nazzareno e Natalina Merlonghi.
Nacque a Montalto il 25.11.1919. Soldato nella 2^ guerra mondiale morì il 03.03.1942 per causa di guerra poco più che ventiduenne nell'Ospedale da Campo 203 a Sassari in seguito a laringite tubercolare.
Lasciava la madre Natalina, il fratello Vincenzo, le sorelle Palma, Lisetta ed Elena.
Quest'ultima, Elena mia madre, era particolarmente legata al fratello Luigi e nonostasse avesse un anno di meno mi raccontava che praticamente era stata lei a crescerlo ed ogni volta che ne parlava la commozione prendeva il sopravvento e non riusciva a trattenere le lacrime. Nella sua camera da letto aveva posto in bella vista il grande quadro con la sua fotografia, il lumicino acceso e fiori sempre freschi.
Ciò che l'angosciava maggiormente era di non poter pregare sulla sua tomba. Infatti, saperlo morto in guerra (in Sardegna mi diceva, è morto in Sardegna...), e non sapere, né lei, né il fratello Vincenzo, né le altre sorelle, in quale città della Sardegna prestasse servizio, l'anno esatto della sua morte, le circostanze della tragedia, la frustrazione di non sapersela sbrigare con la burocrazia degli uffici (l'analfabetismo a quel tempo era assai diffuso), le procuravano grande angoscia e un acceso risentimento...
Nel corso della mia carriera militare (1968 - 1985), su continua insistenza di mia madre, avviai le ricerche che furono incredibilmente brevi e subito fruttuose. Mi recai al Distretto Militare di Sassari che aveva sede nella Caserma Lamarmora, in Piazza Castello, nello stesso edificio del 152° Reggimento Fanteria "Sassari" dove prestavo servizio. L'impiegato addetto al servizio al primo colpo, aprì un grosso registro nel quale erano annotati i nomi di tutti i militari caduti nella provincia di Sassari durante il secondo conflitto mondiale e trovò subito il nome di mio zio, Soldato Garbati Luigi di Montalto delle Marche, deceduto nell'ospedale da campo n. 203 e sepolto presso il Sacrario Militare di Sassari.
E pensare che ogni anno, in occasione della commemorazione ai caduti del 4 novembre, venivo comandato con un Picchetto interforze proprio in quel Sacrario a rendere gli onori ai caduti... con la Banda Musicale del 152° Reggimento Fanteria "Sassari" che dirigevo.
L'esito positivo della mia ricerca diede animo a mia madre: « lo trasferiremo a Montalto, a casa sua, nella sua terra - diceva - anche a spese nostre, se non provvederà lo Stato che gli ha rubato la vita... così giovane, così bello... e senza nulla in cambio! Forza - continuava - datti da fare, riportiamolo a casa sua, costi quel che costi! E poi alla famiglia spetta la pensione di guerra.... Con gli arretrati affronteremo le spese! ».
Conoscendo bene la sua determinazione - quando si metteva in testa qualcosa non c'era nessuno in grado di dissuaderla - mi mossi subito in due direzioni: la traslazione dei resti di mio zio al cimitero di Montalto e la pensione di guerra...
Fallimento totale! Niente pensione e niente fratello. Mia madre era furibonda e le imprecazoni contro "quella gentaglia" - così chiamava ingenuamente i funzionari del Ministero della Difesa - non si contavano.
Il 23 febbraio 1976, infatti, il Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra del Ministero della Difesa in risposta alla nostra istanza comunicava che, ai sensi della legge n. 204 del 9.1.1951, « l'attuale assetto dei Resti mortali del Caduto nel Sacrario Militare di Sassari è a carattere definitivo » perché nei confronti del quale non era « intervenuto in tempo utile l'interessamento dei familiari ». E ancora « pur nella piena comprensione del Suo umano desiderio ... le Salme definitivamente sistemate a cura del Commissariato Generale non possono più essere concesse ai parenti ».
Ladri! Farabutti! Miserabili! Infami! Mangiapane a tradimento! Questa la sequela di aggettivi in dialetto montaltese che accompagnarono la lettura della lettera del Ministero che le feci. Secondo lei le avevano rubato il fratello, lo avevano mandato a morire lontano e non volevano restituirglielo, nemmeno da morto!
Mia madre che aveva sempre la risposta pronta e vivace per tutto e per tutti, non aveva assolutamente coscienza della dimensione del problema della guerra e delle responsabilità gravi di chi l'aveva causata. Lei era semplice, contadina, spontanea, ingenua e come tanti della sua generazione, non aveva frequentato nessuna scuola se non quella della vita, la vita dura del lavoro, della miseria e della fame, ed era analfabeta totale; e quando salendo in cattedra per calmarla e farla rassegnare le citavo il detto latino Dura lex sed lex, chi l'ha conosciuta può immaginare sicuramente la risposta: « E allore v'affancule, tu e lore! ».
A quel tempo (e siamo ai primi anni Ottanta), avevo buone conoscenze nei palazzi romani e presso il Ministero della Difesa per essere stato eletto nel CO.CE.R. (il Consiglio Centrale di Rappresentanza Militare) e gran parte del mio servizio si svolgeva nella capitale. Non mi fu difficile interessare... [continua]