Martedì, 16 Aprile 2024

Commemorazione, 4.11.2017

Diego Are, Commemorazione Caduti S. Lussurgiu, 4.11.1993

Diego Are WIKIPEDIA1Signori Soci dell'Associazione Combattenti, reduci e invalidi, autorità civili, militari e religiose, cari ragazzi delle nostre scuole lussurgesi.

Poteva e voleva essere il mio intervento nella cerimonia di oggi una riflessione su alcuni argomenti, modesti e quasi di ordinaria amministrazione, relativi al ricordo dei nostri compaesani caduti in guerra, in quella del '15 '18 e in quella del '41 - '45. E così sarà ugualmente, anche se il suo inizio dovrà tener conto degli ultimi avvenimenti politici e levarsi in un ambito più vasto.

E' la responsabilità, la parte che tocca a tutti gli italiani cui ci ha richiamato ieri il capo dello Stato che esige che anche noi leviamo la nostra voce per protestare contro il meschino coinvolgimento della Suprema Magistratura dello Stato in un tentativo eversivo, che pone in pericolo lo Stato stesso, nelle sue istituzioni, nel suo progresso e nella nostra libertà.

Riuniti qui, davanti al monumento di coloro che anche col loro sacrificio hanno mirabilmente contribuito a costruire uno Stato italiano unitario, democratico e libero noi vogliamo esprimere la nostra chiara solidarietà a chi di questa unità e di questa libertà è il supremo custode e garante, respingendo per quel tanto che ci riguarda, quel meschino tentativo eversivo.

Varrà quel che varrà, ma la nostra voce echeggia avvenimenti storici in cui i sardi e i soldati sardi hanno giocato una parte decisiva da quando il regno di Sardegna fondendosi nel 1848 agli stati continentali del duca di Savoia ha dato inizio al regno d'Italia, e quindi allo Stato Italiano, apportandovi poi col senno politico, un ricco contributo di sangue per la nostra partecipazione a tutte le guerre dell'indipendenza, dell'unità e della liberazione.

Non possiamo perciò che opporci a chi questa indipendenza, questa unità e questa libertà vuole mettere in pericolo.
Verrebbe da pensare e da proporre che, facendosi una ricerca storica appropriata, si potrebbero aggiungere ai già numerosi nomi dei nostri compaesani caduti nelle due ultime guerre nazionali e mondiali anche i nomi di quegli altri compaesani che sono caduti nelle guerre precedenti, come del resto è da aggiungere fra i caduti nell'ultimo conflitto mondiale incisi in questo monumento un nome che qui, forse per distrazione, è stato tralasciato: quello di Giovanni Bellinzas di zio Antonio Leonardo e di zia Antioca Sanna.
Detto questo e affermata la nostra volontà davanti ai nostri compaesani caduti in guerra di difendere le nostre istituzioni e il libero cammino che a queste è destinato dal referendum elettorale, la cui attuazione farà pulizia anche di quella parte di classe dirigente italiana che ha mostrato la sua decadenza e la sua corruzione, possiamo passare ad alcune veloci considerazioni che mi sono suggerite dalla riflessione sui nostri caduti.

Ogni anno li ricordiamo. Abbiamo voluto ricordarli prima di tutto erigendo questo monumento per iniziativa - come narra la dedica - dei reduci della prima guerra mondiale con la partecipazione di tutti i compaesani. Io ricordo a questo proposito che ero nelle prime classi delle scuole elementari quando ho visto che si ergeva questo monumento e ricordo che a tirarlo su pietra su pietra vi lavorava, come fosse un muratore, anche il veterinario del tempo, il dott. Carossini.

Dovremmo a mio avviso dedicarvi un ricordo più specifico, facendo delle ricerche su ognuno di questi caduti. Sono partiti nel fiore delle loro gioventù da questa chiostra di monti e da questi campi, dove pascolavano il gregge paterno e coltivavano il grano, in una economia che li aveva abituati al sacrificio, lasciando molte persone amate e molte cose che avevano costituito il motivo della loro vita semplice e onesta e aprendosi alla speranza di un ritorno più o meno vicino.

Non sono tornati e, di tanto in tanto, un pianto disperato riempiva le case del nostro villaggio mano mano che arrivavano le dolorose notizie della loro morte. Ho presente nel mio cuore ancora il pianto nel mio vicinato di Biagarru della casa di tia Maria Luisa lana, quando venne la notizia che suo figlio, il sergente Pietro Salaris era morto.

In una breve licenza questo ragazzo mi aveva costruito un carro di ferula. Di cjualcuno qualcosa si potrà . sapere, anche quella dei fronti in cui sono caduti e delle circostanze della loro morte, come quella che per esempio si ricava dalla motivazione della medaglia d'argento al valore militare del caporale maggiore del Reggimento Cavalleggeri guide Manca Giovanni Carmelino di Nicolo che "caposquadra cavalieri del fronte greco il 22 novembre 1940, incaricato dì occupare e tenere una posizione, alla testa dei suoi uomini, sotto violento fuoco di artiglieria e mitragliatrici avversarie, assolveva brillantemente il suo compito. Contrattaccato da forze avversarie superiori, benché gravemente ferito e avndo quasi distrutta la sua squadra, difendeva ad oltranza la posizione a lui affidata. Mirabile esempio di alte virtù mili tari " .
Giovanni Carmelino Manca dei Tula: un lussurgese, cavalleggero . Tutto secon do le nostre usanze e la nostra passione per il cavallo.

Molte cose molto utilmente si potrebbero sapere del Capitano Bartolomeo Meloni, morto nel campo di eliminazione di Dachau, dove era stato rinchiuso dai tedeschi che si sentivano danneggiati dalla sua opera di ingegnere ferroviari di Venezia che faceva deviare i treni che ai tedeschi invece occorrevano subito in movimento per i loro interessi e per la cattura dei prigionieri italiani. Come molte cose assai interessanti si potrebbero sapere della vicenda umana della medaglia d'oro Francesco Barracu.

È una proposta, quella di fare delle ricerche per conoscere meglio i nostri caduti, che potrebbe essere accolta dagli studenti lussurgesi delle scuole elementari e medie e anche dell'Istituto tecnico per il Turisme e del Liceo linguistico.

Una seconda considerazione è relativa agli insegnamenti che ci possono venire da questo monumento ai nostri caduti. Accenno solo a questi due o tre: se fossero ritornati, avrebbero dato il loro lavoro per migliorare l'economia del nostro paese e la loro opera per unire la gente e migliorarne la vita sociale, culturale e professionale.

Quello che loro avrebbero voluto fare se fossero tornati perché non cerchiamo di farlo noi? Se fossero tornati, specialmente quelli caduti nella prima guerra mondiale avrebbero dato certamente, come hanno fatto quei reduci, il loro contributo all'autonomia della Sardegna; e quelli caduti nella seconda guerra mondiale se fossero tornati si sarebbero assai meravigliati sentendo le nuove madri abbandonare, parlando coi loro bambini in lingua italiana anche se malandata, la lingua sarda che essi avevano imparato a parlare e che parlavano anche sui vari fronti dove erano stati mandati se avevano la fortuna di incontrare qualche sardo.

Ritornando questi nostri giovani, compaesani che lavoravano e amavano le nostre campagne, forse si sarebbero compiaciuti di trovare le proprietà più divise, i prezzi degli affitti più accessibili, i bambini non più scalzi; si sarebbero però forse meravigliati vedendo le campagne deserte e abband^ nate e i giovani troppo preoccupati di interessi loro particolari e poco interessati alla vita della loro comunità.
E le considerazioni potrebbero continuare, ma bastino questi, accenni per esprimere quello che voglio dire.

Conosciamo meglio i nostri caduti, apprezziamo di più il sacrificio che hanno compiuto per noi della loro vita e diamoci da fare tutti per migliorare le condizioni del nostro paese e della nostra Isola.
Il ricordo annuale del nostri caduti sarebbe così più sensibile ed efficace.

Santu Lussurgiu 04/11/1993

Diego Are

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