Venerdì, 29 Marzo 2024

Il cippo di Procarzos di Raimondo Zucca

devoto saturnus procalzosL’area dei Kornensioi attorno al Montiferru fu [...] integrata nell’ambito del controllo punico e l’acculturazione (nei termini di intreccio di componenti diverse) delle comunità indigene stanziate nelle sedi tradizionali fu raggiunta entro il III secolo a.C.
Un segno probabile di questa acculturazione è dato da un cippo prismatico, in basalto, con una raffigurazione antropomorfa entro nicchia, dalla località Procarzos-Santu Lussurgiu, alle pendici orientali del Monti Ferru.
Il cippo è stato rinvenuto nella primavera del 1958 nei pressi del nuraghe Procarzos, a quota 419 slm238, ed è dal 1960 depositato presso l’Antiquarium Arborense di Oristano.
La prima edizione del cippo fu data da Ovidio Addis nel 1962 in una breve nota in cui descrisse la figura della nicchia come «il busto di un guerriero con elmo a calotta sormontato da piccole corna ornamentali» e nella quale vedeva il «gusto figurativo sardo-punico»239.
Nel 1975 il cippo veniva descritto magistralmente da Giovanni Lilliu240 che ne indicava la particolare importanza per la «tardiva rappresentazione, di età punico-romana (III-II sec. a. C.), di Baal o di Tanit», desunta dal crescente lunare con le corna in alto e dal disco solare sottoposto alla curva del crescente, che sormonta il volto di un dio così descritto:
«La maschera è allucinante, fissa, demoniaca, per la deformità dei lineamenti del viso d’un ogivale distorto e ristretto al mento sopra cui si incide il taglio sghembo della bocca, per l’enormità delle orecchie a sventola e soprattutto per l’insieme dissociato e scomposto degli occhi a globetto e dal naso a pilastro, scolpiti nella profondità di un angusto campo marginato dal profilo emergente della fronte e delle gote»241.
Il cippo242 parrebbe, in realtà, far parte di un novero piuttosto numeroso di cippi già menzionato da Giovanni Spano che, in base ad un’informativa del lussurgese Salvatore Arca che gli aveva segnalato tali cippi di Procarzos anche inscritti, intendeva dedicare al sito uno studio frontale, mai compiuto243.
Il volto a forte rilievo, impostato su un lungo collo, del cippo è strettamente legato, iconograficamente, ma anche per tratti stilistici (naso, orecchie, collo) ai volti delle stele citate di Cornus documentate in un taccuino del collezionista ottocentesco Alfonso Garovaglio, conservato nella Raccolta Bertarelli del Castello Sforzesco di Milano.
Tuttavia l’iconografia del volto (o della figura antropomorfa) sormontata da un crescente lunare con le coma all’insù è con tutta evidenza derivata da modelli attestati in stele romane di santuari africani di Saturnus.
Un parallelo stringente di tale iconografia, anche per il medesimo milieu popolare di riferimento, è nella stele del santuario di Saturno della civitas Biiensis nella Tunisia centro orientale, con il volto del dedicante sormontato dal crescente244, o ancora nella votiva dei dintorni di Karthago con una testa impostata su un finissimo collo e un crescente lunare (sormontato da una protome bovina)245. Ancora, seppure il dedicante è rappresentato a figura intera, esprimono la medesima scelta iconografica le figure antropomorfe, sormontate da crescente, nelle stele di Aïn Nechma246 e Ksiba247.
Come intendeva Marcel Leglay, il crescente lunare rappresenta il deus magnus Samus e la testa o la figura umana il dedicante. L’esempio di Santu Lussurgiu, dunque, ripropone per una zona interna della Sardegna del territorio di Cornus una iconografia propria delle stele africane di Saturnus, confortando l’ipotesi che anche in Sardinia il succedaneo di Ba’al Hammon sia stato Saturnus.
Si deve osservare, infatti, che mentre in Africa il radicato culto di Baal Hammon e di Tanit di epoca punica si traduce in una ricchissima presenza di Saturnus e di Caelestis in età romana, in Sardegna all’ampia attestazione di fase punica del culto di Baal Hammon (ma anche, a Sulci, di Baal Addir) e di Tanit, in particolare nel santuario tofet, non corrisponde se non eccezionalmente il culto di Saturnus.
Proprio nell’area del tofet di Tharros è documentato, in età romana repubblicana, il culto di Frugifer (uno degli epiteti di Saturnus) nella sua iconografìa leontocefala248, e, verosimilmente, dalla stessa Tharros proviene il cippo con dedica a S(aturnus) A(ugustus) posta da C. Aburnus Aburrianus conservato nel fondo sardo del Musée Borely (attuale Musée de la Vieille Charité) di Marsiglia249. Il cippo di Procarzos segnerebbe così, in età romana, la persistenza cultuale di Baal Hammon, attraverso un’iconografia probabilmente veicolata attraverso il prosieguo delle relazioni della Sardegna con l’Africa250.

 Note 

(*) R. ZUCCA, Gvrvlis Nova - Cuglieri. Storia di una città dalle origini al secolo XVII, Editrice S'Alvure, Oristano 2006, pp.43-46.
238 A. TARAMELLI, Edizione archeologica della Carta d'Italia al 100. 000. Foglio 205 - Capo Mannu; Foglio 206 - Macomer, Firenze 1935, p. 110, nr. 28.
239 O. ADDIS, Stele nuragica in Santu Lussurgiu, Nuovo Bollettino Bibliografico Sardo e Archivio Tradizioni popolari, VII, 39-40,1962, copertina e p. 2.
240 G. LILLIU, Una vita da archeologo, Sassari 2003, pp. 141-4.
241 G. LILLIU, Una vita da archeologo, cit., pp. 142-3.
242 Alt. cm 73, 2; largh. cm 51/40; spess. cm 40/33.
243 G. SPANO, Memoria sopra l'antica Cattedrale di Ottona e scoperte archeologiche fattesi nell'isola in tutto l'anno 1870, Cagliari 1870, p. 30.

 

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