Sabato, 20 Aprile 2024

Tommaso Salvadori, i lavori sull'avifauna italiana

Dei circa 350 lavori di Tommaso Salvadori, solo una quarantina riguardano l'avifauna italiana, ma tali contributi furono comunque fondamentali per l'ornitologia nazionale.

Prima del Nostro, solo Savi («Ornitologia Toscana», 1827-1831 ) e Bonaparte («Iconografia della Fauna Italica», 1832-1841) si erano occupati dell'ornitofauna dell'intera penisola mentre gli altri ornitologi e naturalisti (da Bonelli a Doderlein, da Cetti a La Marmora, da Bettoni a Durazzo, per citarne solo alcuni) si erano limitati in realtà ad analisi delle singole faune regionali. Salvadori, operando in tale contesto scientifico, preferì in genere trascendere il ristretto ambito regionale, trattando invece volta per volta tematiche relative a tutto il territorio italiano.

Tre sono i più importanti lavori di Salvadori (come già sottolineato da Pierantoni, 1924; Festa, 1926; Rosa, 1926; Zavatti, 1973): il «Catalogo degli Uccelli di Sardegna», la «Fauna d'Italia - Uccelli» e l'«Elenco degli Uccelli Italiani».

II «Catalogo degli Uccelli di Sardegna con note ed osservazioni» fu il primo ad essere pubblicato nel 1864. Quest'opera, anche se voleva essere solo «... un catalogo che valga a far conoscere le specie stazionarie o di passaggio regolare in Sardegna ...», risulta in realtà essere un lavoro completo sul l'ornitologia dell'isola in cui si integrano mirabilmente dati faunistico-distributivi, sistematici ed etologici. Tant'è che ebbe anche l'onore di una traduzione in tedesco nel Journal für Ornithologie, nel 1865.

L'opera fa costante riferimento all'"Elenco degli Uccelli" di Gaetano Cara (1842), della quale vengono puntualmente sottolineate le inesattezze, pur confermandone a volte osservazioni faunistiche ed interpretazioni sistematiche. Come in tutte le tre suindicate opere maggiori, è proprio dalla prefazione che è possibile rilevare tematiche fondamentali che non sempre emergerebbero facilmente dall'esame della trattazione vera e propria. E così si può apprezzare lo sforzo nel ricercare da una parte le cause ambientali della ricchezza di uccelli della Sardegna, imputabile al fatto che «... le terre incolte e le foreste superano in proporzione così soverchiante la parte coltivata ... e la popolazione è così scarsa ...», e nel fornire dall'altra, le prime indicative considerazioni biogeografiche sull'isola: «... riflettendo alla sua postura geografica tra il 39° e 41° lat. nord ... ed alla sua vicinanza all'Affrica intenderemo come, mentre la sua fauna ha i principali caratteri dell'Europea, ne differisca notevolmente per prendere molti dei caratteri dell'Africana settentrionale». Né va sottaciuta la posizione conservatrice di Salvadori in materia sistematica, qui chiaramente espressa citando il suo maestro Paolo Savi che, nell'introduzione alla Ornitologia Toscana, così scriveva: «Debbonsi adunque considerare i nomi come sacrosanti, e nessuna causa si deve credere capace ad autorizzare a cambiarli ...». E tale rigorosa impostazione il Nostro non abbandonò mai, come più tardi avrà modo di confermare pubblicamente, nella commemorazione di un suo illustre collega inglese: Philip Lutley Sclater (1914).

L'esame delle 268 specie descritte in questo catalogo riveste senza dubbio un certo interesse faunistico. Dal confronto tra l'attuale situazione dell'ornitofauna sarda (Massa & Schenk, 1983; Schenk, 1976) e quella descritta da Salvadori emergono infatti spesso dei dati che evidenziano l'impoverimento ornitico subito dalla regione; basti citare le indicazioni allora fornite per il Gipeto, che viene definito «non molto raro», per l'Avvoltoio monaco, l'avvoltoio «più comune», per l'Aquila del Bonelli, «comune», ed il Falco di palude, «comunissimo». Per confronti faunistici più approfonditi invece l'opera, come tutte quelle del periodo, è solo parzialmente utilizzabile poiché le località di osservazione non sono quasi mai citate, né si fa riferimento adeguato ai dati riguardanti la nidificazione, anche se grande attenzione è posta alla fenologia migratoria della specie (passo primaverile, autunnale, stazionaria, ecc.); si aggiunga inoltre che non sono poche le entità citate sulla base dei soli reperti museologici, purtroppo rivelatisi in seguito inaffidabili, in particolare per quanto concerne le indicazioni delle località di provenienza. Più interessante è invece esaminare le scelte sistematiche operate dall'Autore, con la possibilità di seguirne gli eventuali cambiamenti nel corso della maturazione scientifica evidenziabile negli scritti successivi, ad esempio Salvadori, in questo lavoro, è incline a considerare due entità specifiche di Grifone, una propria dell'Europa centrale (Gyps fulvus) e una tipica di Spagna e Sardegna (Gyps occidentalis), e analoga posizione assume relativamente alla determinazione sistematica del Gipeto, del quale vengono indicate due differenti entità, una di Sardegna e Pirenei (Gypaetus occidentalis) e l'altra continentale (Gypaetus barbatus). Basandosi poi sui dati del Bonaparte annovera nell'avifauna sarda due specie in realtà non italiane: Podiceps longirostris e Phoenicopterus erythræus [= individui di piccole dimensioni del Phoenicopterus ruber roseus africano] (per il fenicottero, cfr. Cara, 1866: 118).

Posizione più convinta e precisa assume invece nel difendere la validità specifica di Sturnus unicolor e di Falco eleonorae, sottolineando nel primo caso le differenze morfologiche e comportamentali fra Storno e Storno nero e indicando nel secondo caso i caratteri sistematici da prendere in esame per distinguere il Falco della Regina dal Lodolaio.

Da ricordare infine che in questo lavoro Salvadori contribuisce a correggere lo status sistematico della Magnanina sarda, all'epoca in Italia indicata come Occhiocotto sardo (Savi, «Ornitologia Toscana») e Pyrophthalma sarda (Bonaparte, «Icon. Fauna Italica»), denominandola appunto Magnanina sarda e Melizophilus sardus (in analogia alla Magnanina, allora indicata come Melizophilus provincialis).

Fin qui alcuni rilievi concernenti Salvadori sistematico, ma, come anticipato in precedenza, altri aspetti sono evidenziabili. A proposito di quello zoogeografico si può rilevare, ad esempio, che egli già accenna in questa sua opera, riguardo al Passer salicicolus [= Passer hispaniolensis], alla problematica distributivo-tassonomica del genere Passer in Europa e nota poi, non senza acume, la mancanza nell'isola dell' Alauda cristata [= Galerida cristata]: «... non può negarsi che la mancanza di questa specie in Sardegna sia uno dei fatti più singolari della sua avifauna ...», dato che in seguito venne commentato con interesse anche dall'Editore dell'«Ibis»30. (Anonimo [= A. Newton], 1865).

Quanto poi a Salvadori etologo, si possono rilevare anche  ad integrazione del già citato interesse verso la fenologia migratoria  osservazioni ed ipotesi interpretative avanzate in casi particolari, ad esempio riguardo alla mancata nidificazione del Phoenicopterus roseus [= Phoenicopterus ruber roseus]. Al proposito egli avanza l'ipotesi che la causa sia da ricercarsi nei disturbi antropici: «... lo stagno della Scaffa solcato a tutte le ore del giorno e della notte da innumerevoli barche di pescatori e da trasporto, e che per ciò i fenicotteri non vi trovino la sicurezza e la tranquillità necessaria alla nidificazione», mentre nulla può concludere riguardo alle apparenti migrazioni primaverili verso Sud (a tutt'oggi i movimenti migratori della specie non sono ancora stati chiariti completamente: cfr. Cramp & Simmons, 1977).

La «Fauna d'Italia - Uccelli» (1872) è forse, delle tre sopracitate opere, la maggiore. Ed in effetti tale pubblicazione rimarrà per alcuni decenni il principale testo di riferimento per gli studiosi dell'avifauna italiana. I dati presentati da Salvadori, a parte quelli numerosi tratti dalla letteratura del periodo, sono il risultato di osservazioni personali («ho percorso la Sardegna, sono stato due volte in Sicilia, ho attraversato l'Italia meridionale, ho visitato la Lombardia, l'Emilia e la Liguria ...»), ma anche (e, forse, soprattutto) delle sue ricerche nelle collezioni pubbliche e private del Regno. Spesso egli ricorda esemplari conservati nella sua collezione ornitologica personale a Porto San Giorgio (ora a Fermo).

Nella prefazione all'opera un capitolo importante è riservato alla distribuzione geografica degli uccelli; di particolare interesse risulta il paragone tra i gradi di insularità ornitica di Sardegna e Sicilia. Salvadori, esaminando la composizione avifaunistica delle due isole, nota dapprima la mancanza di numerose specie peninsulari nella fauna sarda (tra le altre, la Cappellaccia, la Gazza, il Picchio verde, il Gufo reale, l'Allocco, il Codibugnolo e lo Storno) e, dopo aver sottolineato le somiglianze tra le due regioni (presenza, in entrambe, di Passera sarda, Storno nero e Magnanina sarda) giunge ad evidenziare chiaramente il carattere di maggior insularità della fauna sarda, anticipando perciò in parte le più eleganti conclusioni biogeografiche odierne (Massa & Schenk, 1983). Di un certo rilievo è anche il tentativo di compilare dei quadri riassuntivi della distribuzione geografica degli uccelli italiani. A tale fine il territorio nazionale viene suddiviso in zone (settentrionale, centrale, meridionale ed insulare) e ogni specie classificata in relazione al suo status migratorio (stazionaria, migratrice, estiva, invernale, di passaggio regolare o irregolare, avventizia). Si è molto distanti dall'attuale concetto di «atlanti degli uccelli nidificanti e svernanti», ma l'impostazione data alla trattazione è originale e l'argomento, che risponde evidentemente ad un reale interesse dell'Autore per la zoogeografia, è sorprendentemente moderno.

Nell'ultima parte della prefazione Salvadori traccia un quadro storico della ornitologia italiana. L'Autore cita le opere dei vari ornitologi della penisola evidenziandone con la consueta imparzialità scientifica pregi e difetti. È questo un tratto dell'illustre studioso che lo accompagnerà per tutta la vita: per il bene ed il progresso della Scienza egli ha anche il dovere  proprio nella sua veste di studioso  di evidenziare limiti ed eventuali errori dei lavori pubblicati. Ed è perciò comprensibile come, pur mostrando a volte una certa simpatia per l'opera dei contemporanei o dei suoi predecessori (ad esempio Bonelli citato nel suo lavoro storico relativo al Museo di Torino, 1915), pure, delle opere di quegli stessi autori non vorrà sottacere gli eventuali limiti scientifici (del «Catalògue des Oiseaux du Piémont» dello stesso Bonelli, in questa prefazione alla «Fauna d'Italia - Uccelli» ricorda con rigoroso distacco che non riporta: «... alcuna indicazione intorno alla frequenza, ai costumi [degli uccelli] ...»).

Con questa chiave di lettura ci si deve quindi accostare alle polemiche  mai fini a se stesse  che Salvadori ebbe con gli Autori italiani del tempo, polemiche tra le quali quella avuta con il Cara risulta certamente rappresentativa in materia. Sempre nella prefazione alla «Fauna d'Italia - Uccelli» Salvadori definisce il Cara (riportando un brano critico inedito del Gene) una «calamità scientifica» e più oltre rammenta ironicamente che il proprio «Catalogo degli Uccelli di Sardegna» «... ha avuto l'onore di una traduzione tedesca, e di essere poco benevolmente commentato dal Cara ...(!)» (ed in effetti nel 1866 Cara aveva pubblicato un lavoro in vibrante risposta al Catalogo salvadoriano).

L'imparzialità di giudizio adottata dall'illustre ornitologo italiano gli permise anche di riconoscere e correggere pubblicamente suoi precedenti errori. E quindi nella «Fauna d'Italia - Uccelli» corregge volta per volta molte affermazioni erronee contenute nella precedente opera sulla fauna sarda. Ad esempio, relativamente alle due ipotizzate specie di Gipeto (ed analogamente anche per il Grifone): «... ma ora dopo aver esaminato un numero maggiore d'individui, tanto di Sardegna, quanto delle Alpi, inclino a credere che non siano specificamente diversi...» o ancora, a proposito del Podiceps longirostris: «... e quando estesi le mie cognizioni intorno agli uccelli esotici fui non poco sorpreso dal riconoscere in quel preteso Svasso dello stagno di Tortolì un giovane del Podiceps cayennensis dell'America meridionale!!! ... la quale [specie] non credo assolutamente sia mai giunta da sé in Sardegna». In altri casi il processo di riconoscimento delle proprie erronee asserzioni è più lento; è il caso del Phoenicopterus erythraeus [= Phoenicopterus ruber roseus] sardo: «Io non ho mai avuto l'opportunità di esaminare un Phoenicopterus erythraeus tipico ma, considerando quanta variabilità presenti tanto nella vivezza del colorito quanto nelle dimensioni anche la specie comune, confesso che non sono molto persuaso della differenza tra gli individui di Sardegna e di Africa ...»31..

Una caratteristica dell'opera è anche l'interesse mostrato verso i nomi dialettali, peraltro abbastanza comune all'epoca e già presente nel «Catalogo degli Uccelli di Sardegna»; per ogni specie vengono riportati i nomi italiani e quelli dialettali distinti per regioni e raccolti, a fine opera, in un indice alfabetico. L'Autore avverte che la parte dei nomi vernacoli, stante la molteplicità dei dialetti, è necessariamente riuscita incompiuta, ma in ogni caso la massa di informazioni (tratte in parte da lavori non pubblicati del Gene) è tale che, oltre ai meriti pratico divulgativi avuti all'epoca (il riconoscimento delle specie, partendo dal solo nome dialettale veniva sicuramente facilitato), al giorno d'oggi risulterebbe senza dubbio fonte preziosissima per moderni studi dialettologici riferiti alle faune locali. Quanto all'utilizzazione scientifica attuale di quest'opera si deve purtroppo riconoscere che, considerate le scarse o troppo generiche indicazioni distributive fornite per ogni specie, essa non è obiettivamente fruibile per seri studi comparativi con la situazione ornitica odierna.

L «Elenco degli Uccelli Italiani», ultima delle tre opere maggiori, fu pubblicato nel 1887, ed è, in pratica, la prima vera «check-list» degli uccelli della penisola. Venne compilata da Salvadori in seguito alla pubblicazione, nel 1883, della prima «List of British Birds», ad opera di una Commissione Ornitologica Britannica (dato, questo, che conferma ulteriormente il carattere internazionale degli studi salvadoriani) (AA.VV., 1883). L'elenco si rifà in particolare alla sua precedente opera della «Fauna d'Italia», aggiornandola come numero di specie (ne vengono escluse 18 e aggiunte 32) e confermandola in linea di massima come nomenclatura sistematica («... la quale [opera] se non altro, ha il merito di essere chiara, per quanto in parte artificiale.»).

La prefazione a questo lavoro è meno ricca di informazioni scientifiche (ed è logico, trattandosi infatti di un'opera di sintesi da utilizzarsi come strumento di lavoro e di riferimento per gli ornitologi del tempo), ma in ogni caso alcune tematiche caratteristiche si ritrovano, non ultimo l'intervento critico nei confronti dei contemporanei ed in particolare nei confronti di Giglioli, autore, all'epoca, dell'«Avifauna Italica» (1886): «A lui [Giglioli] si deve la scoperta di parecchie specie, prima non note fra le italiane, ed anche la conoscenza della più esatta distribuzione in Italia di parecchie altre. Forse sarebbe da desiderare che il Giglioli fosse più guardingo nell'accettare come italiani taluni esemplari, la cui cattura entro i nostri confini mi sembra molto dubbia».

Tra le specie che vengono per la prima volta annoverate nella fauna italiana, vale la pena di ricordare le seguenti, tutt'ora presenti nelle più recenti check-list nazionali (Brichetti & Massa, 1984): l'Allocco degli Urali, Syrnium uralense [= Strix uralensis], il Succiacapre isabellino, Caprimulgus aegyptius, il Succiacapre collorosso, C. ruficollis, il Fagiano comune, Phasianus colchicus, il Cigno minore, Cygnus Bewicki [= C. columbianus bewicki], l'Oca facciabianca, Branta leucopsis, ed il Falcone di Barberia, Falco barbarus [= F. pelegrinoides]. Tra le escluse per la prudenza scientifica che gli era propria, il Pellicano riccio, Pelecanus crispus e il Picchio dorsobianco Dendrocopos leucotus.

In una lettera del 17 luglio 1887, Gestro illustra a Salvadori le opinioni espresse da Armand David a proposito dell'esclusione del Pellicano riccio dagli uccelli italiani: «Egli non ha ragione di ricusare la cittadinanza italiana al Pelecanus crispus, poiché, al mio tempo d'Italia, uno sciame di una quindicina di pellicani di questa specie fu visto per tre mesi nei dintorni di Alessandria da dove ne ebbi un esemplare fresco, che forse deve tuttora esistere nel Museo di Savona accanto ad un vero Onocrotalo proveniente dall'Egitto. Ha dunque ragione il Giglioli di ammettere il P. crispus fra gli uccelli italiani32.. Nel caso del Picchio c'era invece la precisa segnalazione del Giglioli (1886) relativa ad un esemplare ligure conservato presso il Museo di Genova, al cui riguardo tuttavia Salvadori scrive semplicemente che non ricordava di averlo veduto.

Nel corso dell'elenco trovano scarso spazio le tematiche generali evidenziate nelle prime due opere; si può rilevare comunque che in molte occasioni le posizioni espresse in precedenza non sono state modificate, come ad esempio nel caso del Fenicottero eritreo (comunque escluso dagli uccelli italiani), per il quale Salvadori così scrive: «È una cosa ancora incerta se i piccoli fenicotteri adulti e di bellissimo colore, che si trovano in Sardegna, siano diversi specificamente dal Fenicottero comune».

Oltre alle tre opere fin qui commentate, Salvadori pubblicò vari articoli riguardanti la fauna italiana, molti dei quali concentrati durante gli ultimi anni della sua attività scientifica. Possiamo brevemente distinguere articoli a carattere sistematico, etologico e critico-storico.

Tra quelli sistematici, particolarmente rilevanti i contributi del 1911 e del 1913 (quest'ultimo con Festa) che contestano giustamente l'esistenza di più specie di Monachella (il primo) e di Ghiandaia (il secondo). Il lavoro relativo al Turdus torquatus (1893b), in cui si ammette l'esistenza di due specie italiane, risulterà invece improprio, così come quello relativo al Frosone sardo (1914, con Festa), descritto come una nuova specie (Coccothraustes insularis) (cfr. Vaurie, 1959 e 1965). Tra le pubblicazioni a carattere etologico, da ricordare quelle relative al fenomeno della comparsa del Sirratte in Italia (1864, 1888a, 1888b e 1889) e quelle riguardanti le catture e la possibile nidificazione del Gypaetus barbatus in Piemonte (1895b, 1897).

Lavoro di notevolissimo interesse storico è quello intitolato «Notizie storiche intorno alla Collezione ornitologica del Museo di Torino», in cui Salvadori fornisce molti dati inediti relativi al Museo torinese che, a posteriori, si sono già rivelati di estrema utilità per indagini storiche odierne (Rolando, 1985; Arbocco et alii, 1979, 1986). Di carattere critico sono invece altri lavori, come quello relativo alla Calandra nera (1911b) o come quello riguardante il clamoroso caso della Ruticilla nigra (1912). Nel 1903 Giglioli aveva descritto infatti una nuova specie di Codirosso di Sardegna (Ruticilla nigra, appunto) caratterizzata, a differenza degli altri Codirossi, dal presentare sessi simili e coda nera; ma Salvadori, puntiglioso come sempre, mise in evidenza che si trattava di codirossi spazzacamino affumicati per caso dai nero-fumo di una lanterna in cui erano stati tenuti. «Il Prof. E. Giglio-Tos, che è succeduto al Prof. Giglioli nella cattedra di Firenze, dietro mia richiesta, mi ha fatto esaminare i due esemplari tipici, ed è bastata una lavatura della coda e di un'ala con acqua e sapone, o con benzina, adoperando un pennello bianco, per veder questo diventar nero, come nere diventavano le mie dita ed un panno adoperato per asciugare le penne lavate, laddove le penne della coda, perdendo il loro colore scuro, sono diventate di colore rossiccio più vivo»33.. E di nuovo, a questo riguardo, non sarà inutile ribadire il fatto che tali interventi critici non erano il frutto di polemiche sterili e fini a se stesse, ma, al contrario, rispondevano ad una precisa esigenza di verità scientifica che sempre ispirò la condotta dell'illustre ornitologo italiano. E a riprova di ciò ricorderemo qui volentieri che da alcune lettere inedite scritte dallo stesso Giglioli a Salvadori emerge chiaramente che, al di là delle obiezioni critiche reciproche, talvolta anche aspre, già avanzate pubblicamente, i due studiosi mantennero sempre rapporti di cordiale e rispettosa amicizia.

 


(*) TOMMASO SALVADORI, I LAVORI SULL'AVIFAUNA ITALIANA di Pietro Passerin d'Entrèves, Antonio Rolando & Carlo Violani, in: Comune di Fermo, La Collezione ornitologica di Tommaso Salvadori - Catalogo - A cura di: Carlo Violani, Gianna Zanazzo e Massimo Pandolfi, Centro stampa Comune di Fermo, 1977

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