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Itinerari della fede

La strada dei Novenari

tappeAd ogni passaggio d’epoca ci si chiede chi è l’uomo e quale sarà il suo destino. Per dare risposte a questi interrogativi, una risposta che non sia un sistema teorico astratto, quanto piuttosto un cammino, un’esperienza, è necessario che l’uomo entri in una dimensione di ricerca spirituale, ritorni all’armonia, alla universalità totale di tutte le cose. In questa presentazione sono inclusi sette itinerari, uno al giorno, tutti fortemente caratterizzati dalla spiritualità e sacralità dei luoghi  e  dei monumenti da visitare. Un rapporto reale e stupefacente con l’Universo Sardegna: tappe dello Spirito – potremmo chiamarle – a forte valenza simbolica e spirituale che hanno suscitato nelle passate epoche storiche e suscitano ancora nel visitatore – pellegrino, propositi di purificazione e rinnovamento.

L’itinerario nella sua interezza copre una distanza di circa 95 km. ed è percorribile con vari mezzi di locomozione; esso attraversa uno dei territori della Sardegna tra i più ricchi di storia, emergenze ambientali, naturalistiche e spirituali della Sardegna. Montagne, boschi, mare, città sepolte, villaggi nuragici, domus de janas, tombe di giganti, betili che toccano il cielo, luoghi sacri dove la fede e la devozione popolare hanno segnato e nel corso dei millenni confermato la presenza e la forza della Divinità 

Per godere appieno tutte le emergenze dell'itinerario, il pellegrino, o più semplicemente il visitatore, dovrà destinare almeno tre giorni per questa esperienza. Ma le tappe possono essere aumentate o ridotte a seconda del tempo a disposizione. Ma cosa escludere? C’è veramente l’imbarazzo della scelta! 
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Santu Lussurgiu

Si trova a 550 metri sul livello del mare, nella provincia di Oristano, conta poco meno di 2500 abitanti ed ha un'economia basata principalmente sulla pastorizia, gli allevamenti e l'artigianatoe da qualche decennio sul turismo.

Sono circa 10.000 ettari di ambienti suggestivi, pressoché incontaminati, di essenze arboree primitive, di santuari archeologici e panorami stupefacenti a giro d'orizzonte, dove il basalto ha creato morfologie primordiali nel territorio, ha modellato case, vie, slarghi del centro storico cittadino. Qui la vita scorre tranquilla (si fa per dire!) ed è possibile rigenerare il corpo e lo spirito con lunghe passeggiate sui monti per godere il primo sole del mattino, tra boschi secolari e le mille sorgenti d'acqua purissima (definita da molti “miracolosa” per le sue eccezionali proprietà curative), che formano alle spalle del paese una raggiera di ruscelli vivaci, spezzati da ripide cascate e popolati da trote e anguille, col profumo del mare che sale, oltre le cime, mescolandosi all'odore di mirto, di lentisco, lavanda e timo.

Questo è il polmone verde della provincia di Oristano dove le specie faunistiche in via d'estinzione trovano l'habitat ideale per vivere e riprodursi e dove vengono allevati i migliori cavalli anglo – arabo – sardi che vincono i concorsi ippici e perpetuano il binomio che lega da sempre Santu Lussurgiu al cavallo.

Tradizioni antichissime scandiscono i mesi dell'anno: un orologio del costume che da gennaio a dicembre propone appuntamenti folcloristici, equestri, musicali, economici, enogastronomici, culturali e religiosi. Luogo ideale di studio, di meditazione e di vacanza, per chi ama il rapporto vero con la natura, la genuinità dei cibi, l’ospitalità, qui considerata ancora sacra. Ed è proprio in questo contesto che nasce e si sviluppa l’itinerario che proponiamo.


novenarioBonàrcado

Bonàrcado m 282, ab. 1657 (1883 nel 1951), borgo agri colo e pastorale costruito alle falde del M. Ferru, meta di grande interesse soprattutto per il notevole complesso religioso, posto all’uscita dell’abitato, consistente nella chiesa romanica si S. Maria, già annessa a un convento camaldolese dipendente dall'abbazia di S. Zenone di Pisa, e nel vicino antichissimo santuario della Madonna di Bonacattu, meta di pellegrinaggi in occasione della festa religiosa celebrata il 14 settembre. L'edificio, interessante soprattutto per le strutture esterne, presenta la facciata ornata da tre arcate su lesene e i fianchi corsi da arcate (alternativamente pensili e poggianti su lesene) e sormontati da una cornice di archetti su mensoline che proseguono nell'abside. A pochi passi è il piccolo santuario della Madonna di Bonacattu, arcaica costruzione a croce greca con rudimentale cupoletta all'incrocio dei bracci, singolare esempio altomedievale (VII sec.?) di sopravvivenza di maniere tardoromane o paleocristiane, ampliato negli anni successivi al 1242; all'esterno è decorato di caratteristici archetti su mensoline e di ciotole iridescenti, mentre all'interno custodisce una terracotta policroma, raffigurante la Madonna col Bambino, di scul­tore fiorentino influenzato da Donatello. Importanti testimonianze e notizie storiche sulla vita della comunità religiosa di S. Maria, che estendeva la sua autorità e giurisdizione su tutto il territorio circostante, sono raccolte nel «condaghe», insieme libro contabile dei monaci e cronaca di epoca giudicale La chiesa, consacrata nel 1146-47 e originariamente a unica navata (di quest'epoca rimangono solo la facciata, il fianco d. notevolmente rimaneggiato e la torre campanaria, che rivelano forme toscano-lombarde), fu prolungata con una curiosa appendice a «tau» fra il 1242, secondo l’iscrizione sulla parasta d'angolo della tribuna absidale, e il 1268, ad opera di maestranze arabe di provenienza spagnola, qui attive per la prima volta in Sardegna; ulteriori modifiche furono apportate nel sec. XVIII, quando vennero aggiunte una seconda navata e alcune cappelle; ancora un restauro nel 1954 e l’ultimo è stato ultimato lo scorso anno.

Paulilatino

Il complesso nuragico di S. Cristina, su un pianoro presso la chiesa da cui trae il nome, si incentra in un bellissimo tempio a pozzo noto dal secolo scorso ma scavato e restaurato solo a partire dal 1967; lo circonda un grande «tèmenos» ellittico, a sua volta compreso in un vasto villaggio - riportato alla luce dalla stessa campagna di scavo - costituito di ambienti circolari e quadrangolari diposti a corona. L'edificio è articolato in un vestibolo, una scalinata e un pozzo a «thòlos» in tecnica isodoma, databile forse al Bronzo finale.
Tra i materiali rinvenuti, eccezionale importanza rivestono quattro figurine bronzee fenicie, di cui una, rappresentante un personaggio femminile seduto, è assegnabile aIl‘XI sec. avanti Cristo. In periodo punico nella medesima area si localizzò il culto a Demetra e Core, documentato da numerose terrecotte figurate.
La chiesa campestre di S. Cristina, in prossimità del tempio, è frequentata in occasione delle feste religiose cadenti a maggio e ottobre, durante le quali i fedeli abitano - secondo la tipica usanza sarda - i vicini «muristenes» (sinonimo di «cumbessìas»), disposti a livelli diversi sul movimentato pianoro.
Poco più a S di s. Cristina è individuabile nella fitta boscaglia di oliva­stri un altro antico villaggio, a capanne circolari collocate attorno a un poderoso nuraghe.


Fordongianus

CHIESA S LUSSORIO1San Lussorio


Ghilarza

San Serafino

San Giovanni

San Michele


San Costantino

 

 


Abbasanta

Sant'Agostino



I centri religiosi temporanei (Novenari)

Sono generalmente sorti come conseguenza della venerazione dei devoti per un santo e sono stati costruiti dove si è ritrovata la sua sepoltura o nel luogo di un martirio o dove sono avvenute apparizioni o manifestazioni dirette che la divinità ha fatto di sé stessa o della propria natura. Nell'antichità gli attributi di sacralità dati ad un luogo erano dovuti al fatto che solo in questo sito si era manifestata la divinità lasciando le cose intorno piene della sua grazia e dove i fedeli hanno continuato ad affluire anche dopo la cessazione della religione che aveva creato quei luoghi ed il sorgerne di una nuova nello stesso posto. La maggior parte dei centri religiosi temporanei sono infatti sorti sopra luoghi di antichi rituali pagani o nelle loro immediate vicinanze le cui tracce sono state assimilate dal Cristianesimo senza che si sia verificata una soluzione di continuità con la tradizione. In epoca bizantina verso il secolo VIII, durante la persecuzione iconoclasta molti monaci ortodossi si erano rifugiati in Sardegna dove avevano costruito diversi centri monastici rurali attorno a chiesette, intitolate a santi del menològio greco, con attorno le cellette o casette dei monaci conversi, i Kelliotes. Queste piccole costruzioni si affacciavano ad uno spazio centrale (mandra) e poggiavano su un muro che cingeva l'intero complesso seguendo la tipologia del recinto.

I centri di cui trattiamo ne ricalcano esattamente lo schema pianimetrico simile a quello delle "laure" del monte Athos. Infatti le casette destinate al riparo dei novenanti e dei pellegrini nella maggior parte dei casi sono disposte a schiera attorno alla chiesa e corrono continue lungo il bordo dell'area creando un recinto di forma poligonale o, più spesso, ellittica.

Caratteri tipologici ed elementi architettonici

Le dimore temporanee suddette, chiamate Cumbessias (Pendentes) a Scano Montiferro, sono corpi di fabbrica elementare composti generalmente da uno o due ambienti coperti da un tetto ad una o due falde. I più antichi avevano un focolare centrale, qualche sedile di pietra e altre semplici infrastrutture. Alcuni si distinguono dagli altri, come quello del prete o del priore che quasi sempre sono più grandi. Con i suddetti termini vengono spesso impropriamente indicati anche i loggiati dove si vendevano mercerie, cibarie e prodotti di artigianato locale.

Sovrapposizioni storiche

I Novenari hanno precedenti preistorici: esiste, infatti una continuazione di culti che si svolgevano dal periodo eneolitico fino al monachesimo medioevale che ne sancirrà la continuità di luogo sacro. Attorno a diversi santuari prenuragici e nuragici si costruivano capanne per i pellegrini, recinti, loggiati ed edifici per il mercato e per le riunioni. A titolo comparativo si possono citare alcuni esempi che sono veri e propri antecedenti degli attuali novenari:

  • Il santuario prenuragico di Monte d'Accoddi, presso Porto Torrers (SS), che si eleva al centro di un villaggio sacro temporaneo formato da aggregati di capanne per i pellegrini;

  • Il santuario di Santa Vittoria presso Serri (Ca) composto da diversi gruppi di edifci, un tempio a pozzo e un "recinto per le feste" dove i pellegrini stazionavano e riposavano;

  • Il tempio a pozzo di Santa Cristina di Paililatino (Or) attorno al quale si notano i resti di numerose capanne che venivano utilizzate come dimore temporanee.

Diffusione e ubicazione

La maggior diffusione dei centri religiosi temporanei si ha nella Sardegna centrale, nella fascia che si estende dal golfo di Oristano a quello di Orosei, in modo particolare nelle regioni del Guilcieri e del Barigadu, dove si trovano numerosi Comuni che comprendono più di un "centro" nel loro territorio. Su 75 novenari, ancora in uso in tutta la Sardegna, 22, pari al 29.33%, sono ubicati in queste due regioni. Sorgono raramente in pianura o in prossmità del mare, mentre si trovano, nella maggior parte dei casi, sui rilievi delle zone più interne ad una altitudine media di 420 m. s.l.m.. Un dato interessante è che il 30,67% dei centri religiosi temporanei in uso sono intitolati alla Madonna.

Festeggiamenti religiosi e civili

Il trasferimento è una forma ritualizzata di pellegrinaggio che da inizio alla novena; consiste nel trasferimento dalla parrocchia del paese alla chiesa campestre della statua del santo. Il simulacro viene generalmente trasportato a braccia o su una lettiga dai confratelli preceduti dal prete e seguiti dai fedeli che fino a qualche anno fa, in segno di devozione o per sciogliere un voto, percorrevano il tragitto a piedi nudi.

L'atmosfera del pellegrinaggio esprime chiaramente una profonda religiosità. Dopo i nove giorni si ripete il trasferimento in senso inverso, con lo stesso rituale; solo in pochi casi il trasferimento non avviene perché la statua del Santo resta tutto l'anno nella chiesa campestre. Attualmente si usano mezzi a motore e un numero sempre più esiguo di devoti compie il tragitto a piedi.

L'aspetto religioso della vita comunitaria è organizzato dal sacerdote; la novena, ripetuta per nove giorni, si compone di orazioni a modulo fisso, preghiere al santo e canto delle lodi in lingua sarda, dette gosos o goccius,che rispecchiano i goigs catalani. In alcuni casi la novena si ripete per due volte, con una durata massima di 18 giorni, e qualche volta viene fatta senza la presenza della statua.

In molti novenari, al termine delle celebrazioni, il santo viene portato di muristene in muristene dall'obriere o da un devoto seguito da alcuni ragazzi addetti alla questua.

La festa religiosa culmina con una processione attorno alla chiesa; il corteo si snoda seguendo un ordine prestabilito: avanzano per primi i cavalieri, seguono lo stendardo del santo, le confraternite, il simulacro, il sacerdote e infine una moltitudine di fedeli che recitano orazioni e intonano gosos. (1)

L'organizzazione della festa religiosa è affidata al sacerdote che divide il suo compito con un procuratore detto oberaju o priore che organizza e provvede al benessere dei novenanti compresi i pranzi e gli intrattenimenti. Anticamente nei novenari stava l'eremitano (hermitano o pregador, raccoglitore di offerte, che aveva il compito di custodire e sorvegliare il santuario. Oggi il sacerdote e il priore sono spesso coadiuvati da un comitato che si occupa prevalentemente dell'aspetto profano della festa.

Aspetti pagani o semidevoti

In molti novenari la sera della vigilia della festa si da inizio ai rituali le cui radici sono da ascriversi al mondo pagano, come quello di eseguire dei balli intorno ad un grande fuoco acceso nel sagrato della chiesa, che assume un aspetto marcatamente sacrale.

Un altro rituale tra i più interessanti è il pernottamento, cioè il dormire presso i muristenes, usanza che affonda le sue radici nei santuari pagani dove i fedeli si recavano in occasione delle feste. Nella storia delle religioni quest'usanza, praticata allo scopo di ricevere nel sogno rivelazioni divine, era detta incubazione o incubatio che è continuata nel rito greco, soprattutto presso le chiese di San Michele Arcangelo considerato santo guaritore; i fedeli dormivano all'intemo del tempio a Lui dedicato perché potesse indicare in sogno la cura per alcune malattie. Questo rituale era comune nelle chiese campestri se, dal secolo XVI, sono state emanati diversi pregoni con lo scopo di condannare e proibire quest'usanza; per esempio, il Sinodo di Torres del 1625 fa un chiaro riferimento ai riti di incubazione che si praticavano all''intemo delle chiese «...è necessario estirpare un abuso...in occasione della festa dei santi, uominie e donne si trattengono assieme per tutta la notte, non senza evidente scandalo».

Anche Francesco Alziator vede nel pernottamento dei pellegrini presso i muristenes una continuità legata agli antichi riti della incubatio, della quale ormai si è perso il ricordo ed il significato per una specie di dannatio memoriae o perdita della coscienza e ormai il dormire e considerato soltanto un motivo di riposo.

In Sardegna si è sempre data una grande importanza all'esperienza del sonno in senso divinatorio e terapeutico; l'attività onirica era strettamente legata alla sfera del sacro come veicolo che poteva consentire un contatto con la divinità o con i defunti e come conoscenza di una realtà esterna.

Oltre che dormire si usava, dentro le chiese, anche mangiare e ballare e, malgrado le condanne dei sinodi che dal sec. XVI al XIX vietavano queste usanze, esse sono perdurate fino alla fine del sec. XIX e all'inizio del XX.

La profonda religiosità dei sardi, il grandissimo numero di santuari esistenti e perciò anche di feste in onore di santi, la «cantidad de las ferias» hanno creato nel passato qualche problema come il rallentamento della stessa amministrazione della giustizia tanto che sono stati emanati "pregoni", come quello del marchese di Cortanze del 14 gennaio 1728 o quello del viceré Don Francesco Conte Tana del 30 agosto 1759, per cercare di rallentarle e di sopprimerne alcune. Ma le feste non solo non decrescevano, anzi aumentavano. Anche i Prefetti le criticavano perché spesso provocavano interruzioni di utili lavori, spese inutili, sprechi e risse; si condannavano usi profani come quello del curiolu (l'offerta di pane e di carne a coloro che erano intervenuti alla festa), delle questue, dei banchetti dei priori e tutti i divertimenti profani che però, per la forza della tradizione, non sono mai scomparsi completamente.

In alcuni centri religiosi la fede raggiunge veramente una grande intensità espressiva e lo dimostra la grande quantità di ex voto appesi alle pareti delle chiese, in altri la taumaturgia di certi santi guaritori ha ancora un discreto credito e molte pratiche sopravvivono in manifestazioni sporadiche e limitate, spesso degenerate nel loro contenuto originale, evidenziando però quell'aspetto particolare della medicina popolare chiamata anche teologica, ma che sarebbe più giusto chiamare magica.

Molti centri religiosi temporanei recentemente sono stati ricostruiti ed attrezzati con collegamenti e comodità commisurate alla ricettività di centinaia di fedeli che li visitano ed hanno assunto l'apparenza di veri e propri villaggi, sono aperti tutto l'anno e frequentati anche fuori novena. Diversi muristenes sono stati snaturati con l'aggiunta di corpi superfettativi o attraverso aperture, ingressi secondari e l'uso di materiali diversi che non rispettano le caratteristiche locali, con la conseguente perdita dell'unità architettonica. Se il pellegrinaggio sopravvive ancora in forme anche vistose, ormai sta diventando quasi privo di ogni spinta interiore e di ogni significato puramente religioso.

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(1) Come esempio si riportano le pagine di gosos contenute in un manoscritto dedicato alla Novena di San Leonardo di Sette Funtanas, il cui primo impianto porta la data del 1837 con duecento venti anime novenando.

Percorso


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