Archeologia
Archeogalley
Per giungere a Matziscula proseguiamo sulla strada di Banzos che ci immetterà nuovamente sulla Provinciale Santu Lussurgiu - Abbasanta.
Non piove più e sulla strada diversi operai e mezzi meccanici provvedono alla sistemazione del fondo per completare il manto stradale. Ci guardano con curiosità e ci salutano.
La zona che attraversiamo è molto ricca di corsi d'acqua: Riu de Bau Pirastru, Riu de Santu Predu. Dopo qualche chilometro, ci troviamo sulla Provinciale per Abbasanta, poco prima della frazione di S. Agostino. In regione Pranu 'e Fenu, a metà della curva chiamata Sega Broccas, deviamo a sinistra percorrendo un piccolo sentiero tra l'erba che, risalita una collinetta, ci conduce a Matziscula.
Fatichiamo un po' per trovare le tombe del periodo neolitico ivi esistenti a causa dell'erba alta e dei rovi: mafinalmente riusciamo a rintracciarle.
Le quattro Domos de Janas di Matziscula e quella di Mandra 'e Caddos di cui diamo qui la descrizione, sono ricavate in quegli affioramenti rocciosi assai frequenti nella piattaforma basaltica che si estende tra Santu Lussurgiu e Abbasanta.
Le popolazioni neolitiche che abitarono questi luoghi utilizzarono per le loro tombe tali modeste sporgenze realizzandovi sepolture mono e bicellulari.
Le cinque tombe hanno in comune le seguenti caratteristiche:
1) gli ingressi sono tutti a fior di suolo;
2) il livello dei pavimenti è inferiore a quello delle soglie;
3) le piante dei vani seguono una linea curva irregolare;
4)anche le pareti delle celle si sviluppano irregolarmente a tratti curve e a tratti dritte;
5) ciascuna presenta un corridoio scoperto (dromos) più o meno lungo che conduce all'ingresso;
6) tutti i portelli d'ingresso sono incorniciati da un profondo incasso dove presumibilmente veniva collocata la lastra di chiusura.
La prima fra le quattro tombe di Matziscula ha l'imbocco rivolto a settentrione su un piano inferiore a quello del terreno circostante, ed è costruita da due cellette intercomunicabili, la più piccola delle quali è totalmente visibile all'esterno perché la sua volta rocciosa è stata sfondata in tempi remoti dai cercatori di tesori.
La seconda domo di Matziscula situata a pochi passi dalla precedente ed è scavata entro un masso isolato tondeggiante emergente per un metro dal suolo. È bene in vista anche il suo ingresso che si trova alquanto al disotto del livello del terreno antistante. Anche questa seconda tomba è bicellulare. I due portelli d'accesso sono disposti sul medesimo asse e orientati a meridione. La parete ad ovest della seconda cella presenta un segmento verticale ricavato nel mezzo della parete stessa, lungo 50cm. a sezione trasversale semicircolare, che sbalza in altorilievo per 4 cm.
La terza tomba si trova a brevissima distanza dalla precedente ed è ricavata da un piccolo masso basaltico di forma conica sormontato da un muro a secco. Questa domo è di tipo monocellulare e si presenta con un'apertura incassata nel masso per circa 50cm. Il portello è a livello del terreno ed è rivolto ad est-nord-est.
Anche la quarta tomba di Matziscula è monocellulare e si apre alla base di uno spuntone roccioso situato proprio dietro il masso della tomba precedente, ed è ugualmente sormontato dallo stesso muro a secco. La sua apertura è a fior di suolo ed è orientata ad est.
La Domo de Janas di Mandra 'e Caddos è bicellulare ed è stata scavata in un affioramento basaltico a terrazza non molto distante dalla strada Santu Lussurgiu - Abbasanta e da quella che abbiamo percorso provenendo da Banzos. In questa tomba i pavimenti sono coperti da ciottoli e fanghiglia perché all'interno vi scorre una vena d'acqua perenne.
Dopo la ricognizione alle Domus de Janas di Matziscula e a quella di Mandra 'e Caddos, rimaniamo per qualche tempo sulla collinetta di Matziscula, facciamo una piccola merenda e intoniamo qualche canzone.
Ma si è fatto tardi e qualche goccia di pioggia ci consiglia di far rientro. Benedetti bruchi! Con una lunghissima fila indiana ripercorriamo la Provinciale verso Santu Lussurgiu. Alcuni nostri genitori ci raggiungono in macchina per darci un passaggio, ma oramai siamo vicini e vale la pena di farcela da soli!
APPUNTI SULLA VEGETAZIONE SPONTANEA DEL MONTIFERRU
Per un escursionista intelligente il Montiferru costituisce un autentico paradiso. Un visitatore attento non può non apprezzare i valori naturali di assoluta eccezione che si sono conservati intatti in questo monte. Vi crescono alberi che sono importanti relitti vegetali ed una flora spontanea che potrebbe presentare, sorprese e novità per il naturalista. La sua zona cacuminale è completamente priva di vegetazione arborea. Vi domina la gariga a timo. Numerose sono le specie erbacee spesso radenti al suolo a causa dei venti. È facile percorrere a piedi i numerosi sentieri che la attraversano. Durante una escursione si possono facilmente osservare abbondanti formazioni di timo, lavanda, elicriso, ed alcune forme basse di ginestra, erica, rosa canina. Alcune di queste piante sono fortemente aromatiche e conferiscono un profumo incomparabile alla passeggiata. L'interesse principale del Montiferru è però legato al paesaggio del leccio. Se l'evoluzione fosse naturale, tutto il monte sarebbe coperto da un enorme lecceto, grazie alle condizioni ambientali fresche per l'altitudine ed umide per la presenza di sorgenti perenni. Spettacolari sono i frammenti di formazioni forestali "chiuse" impenetrabili che ancora sopravvivono nel versante occidentale del monte, esposte ai venti impetuosi che vengono dal mare, in aree alquanto scoscese e di difficile accesso, ciò che ha favorito la loro conservazione. Queste foreste, caratterizzate dal leccio, dal lillatro, dall'erica e dal corbezzolo, sono formazioni vegetali a più strati, talvolta rese inestricabili dalle lianose. Interessanti sono anche le formazioni di muschi che ricoprono le pietre, ed i licheni che numerosi pendono dai rami degli alberi. Di più facile accesso, più luminoso e più comune come estensione è il bosco misto di leccio e caducifoglie, tra le quali domina la roverella, spesso accompagnata dall'acero minore e da magnifici esemplari di agrifoglio, alcuni alti anche 5-8 metri, che allo stato attuale costituiscono dei veri e propri sopravvissuti vegetali. E presente nel Montiferru un'altra formazione di origine molto antica che si è conservata allo stato naturale solo in poche zone della Sardegna: la macchia ad alloro che possiamo ammirare a sud di Santu Lussurgiu. Un'altra quercia ben rappresentata in questa fascia del Montiferru è la quercia da sughero, un albero la cui diffusione è favorita dall'uomo e dal fatto che è molto resistente agli incendi. Anche il castagno trova qui condizioni adatte al suo sviluppo. Non è però ancora accertato se sia una specie endemica o se sia stato introdotto in tempi antichi. Ciò che pare sia successo per l'olivastro che allo stato spontaneo non cresceva in Sardegna ma fu importato per uso alimentare dai Fenici. Le formazioni miste a leccio e sughero, sono abbastanza luminose, sia per la struttura aperta degli alberi sia per la distanza fra essi. Questo fatto ha favorito lo sviluppo di una folta macchia mediterranea caratterizzata dalla presenza soprattutto di: corbezzolo, erica, ginestra, cisto, lavanda, biancospino, rosa di macchia. Importante è la presenza di numerose essenze medicinali come: digitale, belladonna, scilla, stramonio, achillea, malva, sambuco ed altre. Anche lo strato erbaceo è caratterizzato da una enorme varietà di specie alcune delle quali hanno un ruolo fondamentale nell'alimentazione del bestiame domestico e conferiscono pregio e qualità ai prodotti della pastorizia lussurgese. Spesso il pastore, per utilizzare in modo più proficuo le numerose specie erbacee, provvede a diradare gli alberi e talvolta amplia le superfici a pascolo distruggendo, con l'incendio, la macchia mediterranea che tenderebbe a riempire interamente il suolo. L'incendio modifica e semplifica profondamente la struttura vegetale del pascolo. Si arriva così alla nascita di un nuovo paesaggio: il prato-pascolo, caratterizzato da vaste estensioni coperte da una vegetazione monospecifica con rari alberi.
PARTICOLARI DELLA FAUNA DEL MONTIFERRU Il Montiferru è un vasto complesso montano di origine vulcanica, situato nel settore centro occidentale della Sardegna. La fauna è particolarmente interessante perché caratterizzata da specie di animali rare, alcune, in via di estinzione. Tra questi il muflone sardo è un ungulato di piccola taglia. Vive di preferenza in ambienti rocciosi ed in dirupi con boscaglie e macchie, si nutre di erbe, germogli, frutti e più di ogni altro ungulato, si adatta a brucare fogliame con forte predilezione per le oleacee (olivastro, filliree). Questo bellissimo animale, che si considera estinto nel resto dell'Europa (tranne che in Corsica e a Cipro), è presente in Sardegna in circa 3.000 esemplari. Tra la famiglia dei suidi troviamo il cinghiale. È un animale onnivoro, pascola preferibilmente nelle ore crepuscolari, scava alla ricerca di tuberi, radici, bulbi, larve, insetti, lombrichi; appettisce inoltre ghiande, rettili, roditori. È facile incontrarlo con la sua famigliola di circa 4-8 cinghialetti, durante le ore crepuscolari quando d'abitudine si sposta dal suo nascondiglio per procurarsi il cibo. Alla famiglia dei canidi appartiene la volpe, che frequenta di preferenza gli ambienti rocciosi ricchi di vegetazione e anfratti. Nel Montiferru è da non dimenticare l'asinello sardo, così chiamato per le dimensioni più minute rispetto a quello continentale. Ancor oggi, si può osservare nelle campagne, lungo le strade o nel paese la cui vita è prevalentemente agro-pastorale. C'è ancora il cavallo sardo, del cui allevamento il Montiferru ha sempre avuto grande tradizione. Il cavallo vero compagno del pastore sardo fino a che non è stato soppiantato dalla meccanizzazione, è oggi impiegato prevalentemente nelle manifestazioni ippiche, nel folklore e nel turismo equestre. Tra i rapaci, i grifoni sono avvoltoi che ormai sopravvivono in Italia, soltanto in Sardegna con una popolazione di settanta individui circa. Sul Montiferru sono state individuate e ripulite le aree in cui nidificavano i grifoni locali prima della loro scomparsa e nel 1987 sono stati reintrodotti venticinque esemplari sugli aspri costoni e sulle gole del monte. Un carnaio, costantemente rifornito, assicurerà in futuro la sopravvivenza degli animali. La pernice sarda, vive solo in Sardegna è una infaticabile camminatrice e vola solo per necessità. Il mimetismo delle piume del dorso consente loro di confondersi col terreno in caso di pericolo. Frequenta le radure e gli spazi aperti vicino al bosco o alle macchie di lentischio. Lì trova cibo e soprattutto quella protezione naturale e quei rifugi sicuri che limitano almeno parzialmente l'incidenza della caccia. La ghiandaia sottospecie esclusiva della Sardegna vive nei boschi fitti, privilegiando soprattutto i querceti.
- << Prec
- Succ