Mercoledì, 30 Aprile 2025

Santu Lussurgiu

Santu Lussurgiu

  • 1° FEBBRAIO 1585

    Marseille en 1575 Plan de Marseille en 1575 Braun and Hogenberg Civitates Orbis Terrarum II 121585 (1° FEBBRAIO)

    Con patente di Redentore di schiavi dell’Archiconfraternita del Gonfalone di Roma, Mons. Sanna s’imbarca a Marsiglia alla volta di Algeri per la sua prima missione, della quale fanno parte i cappuccini fra Pietro da Piacenza, fra Filippo da Roccacontrada e il laico romano Ludovico Giugni

  • 18.12.1999 - 2016 Convegni & Conferenze

     

    conferenza2016 (18 DICEMBRE)
     

    CONFERENZA

    Il Vescovo Lussurgese Giovanni Sanna Porcu questo benemerito sconosciuto (1529 - 1607).

    INTERVENTI
    Dott. Diego Loi - Sindaco di Santu Lussurgiu
    Dott. Joseph Pintus . Giornalista
    Prof. Umberto Guerra - Archeoclub d'Italia onlus - Sardegna
     
    ITINERARIO STORICO URBANO
    Sulle tracce di Mons. Sanna Porcu nel suo paese natale
     
    PERSONALE DI CULTURA E SCULTURA « LE ALI DEL TEMPO »di Giomaria Cambera
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     

    diego soru

     

     

     

     

     

     

     

     

     
  • Are Diego

  • Baratili San Pietro

  • BARRACU F. MARIA

  • Bauladu

  • Bonarcado

    Bonarcado StemmaBorgo ameno che deriva il nome da Bonu agattu, luogo salubre. Situato alle pendici del Montiferru meridionale, custodisce l’antico santuario della Madonna di Bonacattu che sorge vicino alla basilica romanica di Santa Maria, la cui festa cade il 19 settembre. Bonarcado nel medioevo fu sede dell’importante convento camaldolese dipendente dall’Abbazia di San Zenone di Pisa. Il territorio è ricco di tombe dei giganti e numerosi nuraghi, soprattutto nell'altipiano verso il confinante comune di Paulilatino: Ziligherto, Serra Crastula, Scovera, Campu Scudu, Sas Losas e Livandru. Di notevole interesse naturalistico la cascata de Sos Molinos che segna il confine con Santu Lussurgiu, con un dislivello di circa 30 metri.

  • Bonarcado

  • Cascata dei Mulini

    percorso

     

    ISTRAMPU DE SOS MÒLINOS

    L'itinerario, in quasi tutto il suo sviluppo, si presenta ideale per una rilassante passeggiata familiare. Per la sua vicinanza ai paesi di Santu Lussurgiu e Bonarcado, la visita alla cascata di Sos molinos si rivela particolarmente adatta per completare una giornata, per impiegare in maniera salutare due o tre ore a disposizione.

    La zona è particolarmente suggestiva per la presenza di ricca vegetazione ad alto fusto, per le straordinarie morfologie di origine vulcanica, per la presenza di angoli incantevoli dove sostare e per i numerosi reperti dell'archeologia industriale lussurgese da osservare.

    Per giungere alla Cascata dei mulini, si percorre in direzione sud un tratto della S.P. 15 che collega Santu Lussurgiu a Bonàrcado. 

    Già all'uscita del paese, si ammira un meraviglioso panorama: il vasto mantello di verde che ricopre la vallata dei mulini e che si perde all'orizzonte.   

    Proseguendo lungo la provinciale, si giunge al Ponte di Sos Mòlinos. È un punto di osservazione privilegiato dove l'occhio e lo spirito si appagano dei colori e degli scenari che il Montiferru offre generoso in tutte le stagioni. 

    Sulla destra, poco prima del ponte, un punto di preghiera dedicato alla Madonna di Bonacatu. Sotto il ponte, sempre sul lato destro, il vecchio mulino recentemente ristrutturato, ma ancora non agibile ai visitatori.
    Proseguendo sempre verso Bonarcado, dopo una serie di tornanti, sulla sinistra, la piazzola panoramica dove è possibile parcheggiare e dalla quale parte il sentiero che conduce alla cascata.

    Si scende lungo il ripido sentiero ed è necessario stare attenti per non scivolare. 

    Sulla sinistra, un secondo antico mulino ad acqua recentemente ristrutturato come sarebbe opportuno fare coi  tanti mulini ad acqua disposti lungo la valle che dimostrano la fiorente attività economica di Santu Lussurgiu e Bonarcado nei secoli passati.

    Il sole filtra appena tra la fitta vegetazione abbarbicata alle pareti del profondo crepaccio. Ci si rende conto che per aggiudicarsi un bel trofeo fotografico della cascata è assolutamente necessario programmare la discesa nel momento giusto della giornata: quando cioè il sole, verso l'ora di pranzo, è perpendicolare alla fenditura.

    Dall'alto s'intravede a malapena la cascata, ma s'intende già lo scroscio dell'acqua che precipita.

    cascata stefy1Dal greto del ruscello è possibile scegliere varie angolature per catturare alcuni bei trofei fotografici. Se poi la giornata è particolarmente calda e non vi sono occhi indiscreti, nulla vieta di trovare refrigerio nello specchio d'acqua ai piedi della cascata o procurarsi sotto di essa un salutare e piacevole idromassaggio!

    Lo storico Felice Cherchi-Paba con molta enfasi così descrive la cascata: «… In una forra dantesca, come fauci spalancate di un mostruoso caimano, la cui dentatura è rappresentata da irti e puntuti picchi che tutt’intorno si ergono contro il ristretto squarcio di cielo, la Cascata dei Mulini empie di rombi e scrosci infernali l’orrido squarcio che le acque hanno aperto tra le viscere montane».¹

    ¹ CHERCHI PABA F., Santulussurgiu e S. Leonardo di Settefuentes, Cagliari, 1956, p. 3.

  • Celebrazioni Sistine/Montalto Marche - Conferenza: Sisto V e Mons. Sanna, vescovo di Ampurias e Civita e

    Domenica, 7 aprile 2019, Montalto M. - Castello della Rocca, Conferenza di Umberto Guerra: Stato dell'arte e prospettive del Comitato Nazionale Archeoclub d'Italia onlus delle Celebrazioni Sistine.
  • Convegno: Antonio Gramsci a Santu Lussurgiu

    gramsci s.lussurgiu locandina

     

     

  • Corona Giovanni

  • Cossu Antonio

  • Cossu Giovanni

  • Cuglieri

    440px Cuglieri StemmaIl centro più popoloso del Montiferru, che sorge verosimilmente nell’insediamento dell’antica Gurulis Nova. Nel suo territorio ci sono numerose testimonianze archeologiche a riprova di primigeni insediamenti umani. Da segnalare l’antico insediamento umano di Cornus, presumibilmente di fondazione fenicia che si distinse nella ribellione contro Roma nel 217-216 a.C. Le antiche rovine si trovano nei pressi della suggestiva borgata marina di Santa Caterina di Pittinuri, lungo la strada statale 292.
    Da visitare la basilica di Santa Maria della Neve nel monte Bardosu, il cui impianto originario quattrocentesco è stato completato nel Seicento in stile barocco sardo. La festa cade il 5 agosto.
    Di notevole interesse architettonico l’ex Seminario Teologico Regionale costruito negli anni venti del Novecento e attivo fino al 1970. L’antico convento seicentesco dei Cappuccini ospita il nuovo Museo archeologico ed etnografico. Rinomate le tre borgate marine di Torre del Pozzo, S’Archittu e Santa Caterina di Pittinuri, che sorgono su tre baie della frastagliata costa montiferrina. Spettacolare e di struggente passione la Settimana Santa, rappresentata dalle cinque confraternite cuglieritane.
    Da visitare il Castello del Montiferru o Casteddu etzu, eretto a metà del 1100 e teatro delle vicende sentimentali di donna Francesca Zatrillas.

  • Cuglieri

  • D'Annunzio Gabriele

  • Denti (Famiglia)

  • Denti (Famiglia)*

    stemma 400Famiglia di Santulussurgiu. L'arciduca Carlo d'Austria concesse a Salvatore Denti il cavalierato e la nobiltà il 28 giugno 1709.

    Arma. Troncato: al 1° d'azzurro, partito da un fi­letto di nero: a destra un cinghiale su un monte, a sinistra una palma nudrita, il tutto al naturale; al 2° d'oro con due stelle d'argento agli angoli della punta dello scudo.

    Elmo. D'acciaio ornato di pennacchi e lambrecchini di vari colori.

    Concessione. A Salvatore, 28 giugno 1709 (ASN, Con. Sp.  16, e. 1).

    ____________

    (*) FLORIS F. - SERRA S., Storia della nobiltà in Sardegna-  Genealogia e Araldica delle famiglie nobili sarde, Ed. Della Torre, Cagliari, p. 229.

  • Genovés (Famiglia)

  • Gramsci Antonio

  • Gramsci e Santu Lussurgiu

    Le Lettere dal carcere, uno dei più splendidi e commoventi epistolari della nostra letteratura, hanno messo in luce le qualità di scrittore di Gramsci, la sua intensa umanità, lo straordinario equilibrio con cui seppe affrontare le sofferenze del carcere.

    In questa cernita sono riportati alcuni frammenti delle lettere a Tania (Tat'jana - Tatiana), cognata di Antonio, ed in particolare quelli nei quali racconta il suo periodo di studi ginnasiali a Santu Lussurgiu (1905 - 1908). (1)

  • I mulini e le gualchiere a Santu Lussurgiu *

    gualchieraPer quanto riguarda la collocazione storica dell'origine dei mulini e delle gualchiere a Santulussurgiu, non si hanno per ora attestazioni scritte in proposito. Forse l'impiego di queste macchine fu diffuso e traman­dato dai monaci Camaldolesi del monastero di Bonarcado, che certamente sfruttarono anche i corsi d'ac­qua del territorio nel quale sarebbe poi sorta la comunità di Santulussurgiu (1).

    La presenza e la vicinanza alla risorsa idrica, la possibilità di sfruttare il regime idrico hanno costituito elementi determinanti per lo sviluppo dell'attività molitoria e l'orga­nizzazione produttiva e sociale della comunità.

    Lo stesso Angius fa notare come "le innumerevoli sorgen­ti del lussurgese (...) danno moto a macine e gualchiere" (2) che caratterizzavano in modo rilevante l'economia del paese.

    I complessi di fabbricati e macchine idrauliche erano dislocati a sud-ovest e a sud-est del centro abitato, in zona denominata SOS MÒLINOS e S'AU 'E SU SALIGHE.

    Grazie alla forza motrice fornita dai torrenti perenni che scendevano dal Montiferru, si sviluppò quella singolare attività preindustriale che caratterizzò il paese specialmente tra la fine dell'Ottocento e gl'inizi del Novecento.

    Si è affermato che i numerosi mulini e gualchiere che sor­sero nelle zone indicate hanno costituito "una straordina­ria infrastruttura, un vero museo di archeologia paleo­industriale della Sardegna" (3).

    mulino bI mulini erano tutti di modeste dimensioni, così come le loro capacità produttive. Il meccanismo, che veniva azionato da piccole masse d'acqua, era a ruota orizzontale, capace di macinare modeste quantità di grano sufficienti a soddisfare unica­mente le limitate esigenze delle singole famiglie lussurgesi (4) e dei paesi vicini.

    Non essendoci, perciò, alcuna produzione commerciale di farina, si può affermare, e così è stato confermato dalle testimonianze, che il mestiere del mugnaio, anche se costituiva la principale fonte di reddito, era un lavoro poco redditizio; considerato inoltre che, per consuetudi­ne, il lavoro veniva retribuito in merce e raramente in moneta.

    La gualchiera, macchina idraulica a ruota verticale, follava a mezzo di magli l'orbace, panno di grossa lana di peco­ra, che serviva per confezionare mantelle, coperte e vesti­ti nonché le uniformi fasciste (5).

    Sempre nel dizionario dell'Angius-Casalis si legge che "nei fiumi di Santulussurgiu, nei quali si ha un tal volume da mettere in moto gli ordigni, è delle medesime un gran numero. Vi si lavora sempre, perché anche dai villaggi dei vicini dipartimenti si portano a sodarle molte pezze di forese" (6).

    Se la lavorazione dell'orbace rispondeva, quindi, a com­messe che andavano ben oltre le richieste locali (7), non sorprende, apprendere che "l'industria" della lavorazione dell'orbace era sufficientemente prospera da essere con­siderata fonte di guadagno; poiché il lavoro era remunerato con moneta e raramente in natura. Tuttavia dalle noti­zie forniteci, si evince che in tempi più recenti il guada­gno non fosse così elevato, poiché il reddito di cui il gual­chieraio disponeva era sufficiente al solo sostentamento familiare.

    Purtroppo, non abbiamo avuto l'opportunità e la fortuna di rintracciare i libri contabili delle attività oggetto della nostra ricerca.

    Non bisogna dimenticare infatti che, solo durante il periodo fascista, i mugnai, nulla si sa dei gualchierai, erano obbligati alla tenuta dei registri contabili dai quali risultas­se la quantità del grano che veniva macinato.

    Solo le testimonianze ci hanno consentito, come si vedrà, di farci un'idea di quelle che potevano essere le entrate e le spese del gualchieraio e del mugnaio; di conoscere la qualità e la quantità del prodotto lavorato; nonché le fasi e i periodi delle operazioni.

    Oltre le spese per la vendita e la riparazione delle macchine e per la manutenzione degli edifici, che seppur minime incidevano comunque sul bilancio familiare, il gualchieraio e il mugnaio erano tenuti a pagare all'erario la tassa annuale governativa sull'uso dell'acqua, quale bene del demanio, il cui ammontare è andato aumentando con il passare degli anni.

    Il mulino come la gualchiera erano proprietà di persone che esercitavano il solo mestiere del mugnaio e del gualchieraio: pochi erano quelli dati in affitto. Quando questo accadeva, il contratto di affitto tra il proprietario e l'affittuario, che veniva stipulato oralmente o per scrittura pri­vata, comportava per l'affittuario l'obbligo di corrispondere il canone stabilito che, generalmente per il gualchieraio avveniva in denaro e per il mugnaio in natura (grano in luogo di denaro).

    Si apprende da fonti storiche, che il numero dei mulini negli anni considerati si aggirava intorno alla cinquantina e il numero delle gualchiere venticinque (8).

    Questo fu certamente dovuto a un insieme di fattori sociali e ambientali: come si è già detto, in questa direzione spingevano sia il bisogno della famiglia di procurarsi la farina per la provvista familiare, sia il considerevole aumento della popolazione nel periodo considerato, ma l'attività molitoria e follatoria fu soprattutto favorita dalla presenza dei vari ruscelli, che determinarono la scelta dei siti.

    Nell'immediato dopoguerra l'attività molitoria nell'agro lussurgese, come nelle altre zone della Sardegna, viene a trovarsi in una situazione di completo declino che non doveva più fermarsi fino agli "anni 70".

    Si verifica ormai l'avvento di "industrie molinologiche" capaci di produrre farina in quantità superiore a quella dei mulini, sottraendo così, tutto il settore di trasformazione dei cereali all'ambito locale e familiare. Ciò determinò la definitiva scomparsa dei mulini ad acqua.

    In quegli anni, quasi contemporaneamente al venir meno dei mulini, scompaiono anche le ultime gualchiere; la loro capacità produttiva si trova in difficoltà di fronte ai nuovi mezzi di produzione tessile.

    L'orbace, impiegato anche per confezionare vestiti, venne sostituito da stoffe più raffinate.

    Con il definitivo abbandono dei mulini e delle gualchiere ebbe inizio il progressivo deterioramento degli edifici, di cui attualmente, nelle zone sopra indicate e ormai inselvatichite, non ne rimangono che i ruderi.

    Tuttavia, naturalmente inoperanti, nella zona si trovano due mulini ancora in buone condizioni, tant'è vero che è possibile farli funzionare ed assistere alla macinazione del grano.

    Altrettanto non può dirsi dell'unica gualchiera esistente, situata nella zona "S'AU E S'ALIGHE", che a causa delle continue ruberie dei pezzi che la compongono, si trova in precarie condizioni.

    La gualchiera e un mulino, anch'esso in rovina, sono stati acquistati dal Comune di Santulussurgiu con l'intento di riattivarli e riportarli all'originaria funzione, naturalmente ai soli fini culturali e antropologici. Inoltre un mulino idraulico e una gualchiera sono conservati nel Museo della Tecnologia Contadina di Santulussurgiu che, sorto nel 1976 è l'unico che dispone di numerosi strumenti di lavoro e oggetti di uso quotidiano del passato contadino e artigiano lussurgese.

    ________________

    * In: COMUNE DI SANTU LUSSURGIU, Il Mulino e la Gualchiera. I mezzi tecnicie le attività operative del passato., Ediz. Scuola Sarda, Cagliari 1995

    (1) Presumibilmente il paese si è formato attorno alla chiesetta campestre di San Lussorio, e appartenne prima al Giudicato di Torres e poi di Arborea.

    (2) Cfr. Angius - Casalis, Dizionario Geografico Storico Statistico Commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, vol. Il pp. 395-397, Torino 1839.

    (3) Cfr. Sanna - Angioni, in L'archittetura popolare in Italia, pp. 110-111, Roma - Bari, Laterza 1988.

    (4) la cui consistenza demografica era nel 1871 di 4.564 ab.; nel 1901 5.047 ab.

    (5) Nel periodo fascista il tessuto delle divise era in "orbace sardo" nome riservato al solo tessu­to prodotto in Sardegna per differenziarlo da quello (meno pregiato) prodotto dall'industria tessi­le continentale.
    Al fine di aumentare la produzione e la quantità vennero utilizzate nella fabbricazione del panno di orbace macchine azionate dall'elettricità al posto della medievale "gualchiera", soggetta al regime di magra dei torrenti. Cfr. Vincenzo Catte, L'orbace Sardo.

    (6) V. Angius - Casalis, op. cit. pag. 210 vol. I; La lana delle pecore si lavorava tutta nel paese, e non bastando per i lavori se ne introduce altra e non poca dai paesi vicini, Ibid. p.. 400, vol. II.

    (7) ... Si dice che questo villaggio fornisca annualmente più di 1.500 pezze di albagio, ch'è il più apprezzato in tutta l'isola, e del quale gli abitanti del luogo fanno un commercio molto attivo. Cfr. A. La Marmora, Op. cit., p. 361.

    (8) Cfr. Angius; Angioni - Sanna, Op. cit.

  • Il Montiferru - Sinis

    Il territorio*

    monte ferru

     

    Il territorio dell’Unione dei Comuni “Montiferru - Sinis” è fatto di boschi millenari e leggere colline. Abbraccia sia la policroma costa che il selvaggio interno della Sardegna centro-occidentale, nella provincia di Oristano. Subregione di origini antichissime, è animata da scenari di grande bellezza e varietà: il paesaggio montano si trasforma dolcemente in collina, i fitti boschi incontrano le distese sabbiose della costa. Le cime sono dominate dal Monte Urtigu (1050 m), una delle più alte della Sardegna. Le coste vivono di splendide risorse naturalistiche come la riserva naturale regionale di "Capo Nieddu" a Cuglieri, oggi in fase di istituzione. Da non dimenticare lo scenario suggestivo dell’arco di pietra che sovrasta il mare di “S’Archittu”: un monumento naturale di immensa bellezza.

     

    DSC01786Il patrimonio naturalistico ed il paesaggio costiero senza uguali, rendono queste zone il luogo ideale per un turismo attento alla valorizzazione delle risorse ambientali ed alla fruizione sostenibile del territorio. Dalle zone umide del Sinis alle aree collinari e montane del Montiferru, la ricchezza e la varietà di questi luoghi li rende una destinazione ideale per chi è alla ricerca di sensazioni autentiche.
    Il nome “Montiferru” deriva dall’omonimo massiccio di origine vulcanica, spento da più di un milione di anni. Il complesso vulcanico era caratterizzato da abbondanti eruzioni di lava che nell’incedere finironò per creare nuove terre sia a est, con il vasto altopiano di Abbasanta, caratterizzato da terreni basaltici, sia a ovest fino alla fascia costiera.

    Un'ulteriore testimonianza visibile di questa attività vulcanica eruttiva è data dalle scogliere di basalto del litorale poco a sud di Bosa. Il massiccio del Montiferru, con un'estensione di circa 700 km² è tra i più importanti edifici vulcanici dell'isola. Il territorio del massiccio non presenta più i tipici fenomeni di vulcanesimo secondario, ma l'area è ricca di acque sorgive che vanno ad alimentare gli affluenti del Rio Mannu. La costa del Montiferru è quasi completamente alta e frastagliata, con pochi approdi.

    Secondo osservazioni basate sull'area di territorio di origine basaltica intorno al massiccio, il vulcano doveva raggiungere un'altezza di circa 1600-1700 metri s.l.m.. La successiva erosione degli agenti atmosferici ha ulteriormente contribuito a trasportare le rocce a fondovalle in un raggio di circa 15 km.

     

    spiaggia torreCon il nome “Sinis”, invece, si intende la penisola che si distende lungo la costa nord del golfo di Oristano. Anche il Sinis ospita un paesaggio variegato: andando da nord a sud la costa diventa da tipicamente lagunare a più alta e impervia fino a tornare sabbiosa nei dintorni di San Giovanni di Sinis.

    Nella penisola del Sinis si ammira un vasto sistema di zone umide, alcune delle quali (Stagno di Cabras, Stagno di Mistras e Stagno di Sale Porcus, Stagni di Putzu Idu) riconosciute d´importanza internazionale. Acque dolci e saline bianche abitate da microrganismi animali e vegetali di assoluta bellezza. Incredibilmente affascinanti gli uccelli acquatici che risiedono in questo golfo.

    Altro gioiello del Sinis è l´Area Marina Protetta "Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre" (circa 30.357 ha), istituita nel 1997. Nell’´Area, si conservano specie uniche al mondo e, soprattutto, ci si prende cura della natura e dell’ambiente in maniera scientifica ed educativa. A ravvivare l´Area Marina Protetta ci sono poi Siti d´Interesse Comunitario come l´Isola di Mal di Ventre, San Giovanni Sinis-Capo San Marco e il Parco Naturale Comunale di Turr´e Seu: un´area costiera di grande interesse naturalistico. 

    * Fonte: sito ufficiale dell'Unione dei Comuni Montiferru - Sinis.

  • Il mulino di Bachis Carriola

  • Il mulino di Bachis Carriola

  • Il mulino di S'istrampu

  • Il mulino di S'istrampu

  • Manca Guiso (Famiglia)

  • Massidda (Famiglia)

  • Meloni (Famiglia)

  • Milis

  • Montagñans (Famiglia )

  • MONTIFERRU - SINIS

  • NATURALISTICI MONTIFERRU - SINIS

  • Nurachi

  • Nuraghe Banzos - Santu Lussurgiu

    DSC05054È un bel nuraghe monotorre, abbastanza maestoso se lo si osserva dall'interno come abbiamo fatto noi. Si trova in territorio di Santu Lussurgiu, non troppo distante dal centro abitato, in una zona frequentata anche nel periodo romano, tant'è che nelle vicinanze è possibile visitare i ruderi forse di un antico "bagno".

    Si arriva a Nuraghe Banzos percorrendo in macchina diverse strade asfaltate, oppure alcuni sentieri, se si sceglie di camminare a piedi, a cavallo o in mountain-bike, e arricchire così l'escursione.  

     Purtroppo, come avviene per tantissimi altri monumenti archeologici della Sardegna, anche questo versa in pessimo stato di conservazione per le macchie di rovi che l'avvolgono e diversi arbusti che crescono sulla sua sommità. In particolare, è minacciato da un grosso bagolaro (Celtis australis L.) che gli cresce in un fianco, e che sicuramente manterrà fede all'altra denominazione con cui quest'albero è chiamato: Spaccasassi!

    Il compianto maestro Francesco Antonio Salis fondatore del Museo etnografico di Santu Lussurgiu che oggi porta il suo nome, lo descrive così:

    DSC05068NURAGHE BANZOS “B”

    Sorge su una collinetta in una zona ricca di reperti archeologici sicuramente sede di un insediamento di dimensioni considerevoli ed abitata in varie epoche. A poche decine di metri scorre il Rio Banzos.
    Il nuraghe è monotorre e presenta una planimetria molto semplice: ingresso a sezione trapezoidale con architrave, corridoio e cella alla quale si accede tramite un ingresso ad arco ogivale alto m. 5,50. La camera, la cui volta è crollata, è perfettamente circolare con un diametro di m. 4,65.
    Non sono presenti né nicchie né scale. Esiste invece la breccia di scarico sull’architrave d’ingresso.
    I massi sovrastanti l’apertura principale presentano una rientranza minima, e danno così alla costruzione un aspetto cilindrico.

     

  • Nuraghe Procarzos - Santu Lussurgiu

     

    procarzos bdv2

    Nuraghe Procarzos è un imponente rudere di uncomplesso edificio posto a  419 metri slm.

    Ha una torre principale con i resti di una camera: attiguo al corpo principale e comunicante con esso mediante passaggio con arco che si restringe, è un'altra costruzione con camera: per l'intreccio della vegetazione e per lo stato diruto dell'edificio non è possibile farsi una chiara idea della sua disposizione senza un difficile lavoro di sgombero, che non si poté sinora eseguire. Fra i più importanti edifici del Comune.
    Felice Cherchi Paba riferisce (1) che nel nuraghe Procalzos sono stati rinvenuti: cippi, ceramiche, frammenti di anfore, monete, embrici.
    Eredi di Raffaele Massidda.

     

     

     

     

     

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    Fonti scritte

    (1) Felice Cherchi Paba, Evoluzione storica dell'attività industriale agricola caccia e pesca in Sardegna, Vol. I, Editrice Fossataro, Cagliari 1977, pp. 302, 380.

    Elenco ufficiale dei Monumenti della Provincia di Cagliari, pag. 163.

    Elenco del Comune.

    Manoscritto Pittalis

    Notizie desunte dallo scrivente.

  • Obino (Famiglia)

  • Ponte di Sos Molinos

  • Ponte di Sos Molinos

  • Progetto di Servizio Civile Nazionale - Orario settimanale

    orario lezioni

  • Ripetitori

  • San Leonardo di Siete Fuentes

  • San Vero Milis

    San Vero Milis StemmaSorge nella penisola del Sinis, su un territorio fertile e produttivo, dove spiccano la coltura di mandarini, e viticoltura, con la produzione della celebre Vernaccia, dal caratteristico odore di mandorle. Il territorio comunale abitato dai tempi antichi, conserva ancora diversi siti archeologici: il nuraghe S’Urachi e alcune domus de janas. Il centro abitato soi sviluppa attorno lla parrocchiale di Santa Sofia, del Seicento, che custodisce molti oggetti in stile barocco, fra cui altari e simulacri. San Vero possiede tra le spiagge più belle e suggestive del Sinis: Putzu Idu, Sa Rocca Tunda e S’Anea Scoada. La costa è ricca anche di torri aragonesi, come quelle delle Saline, Scala ‘e Sali, Sa Mora e Capo Mannu. Quest’ultima località è particolarmente apprezzata dai surfisti. Per gli amanti del birdwatching l'oasi naturalistica dello stagno di Sale 'e Porcus, habitat invernale dei fenicotteri rosa.

  • Sanna - Porcu Giovanni (Vescovo)

  • Santu Lussurgiu

  • Seneghe

  • Serra (Famiglia)

  • Ti sbatto in Sardegna - Tv 7 1967

  • Tramatza

  • Zatrillas (Famiglia)

  • Zeddiani

Gallerie fotografiche

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