Per ottenere un cognac fino da vini adattati e buoni, occorre, indipendentemente dall'apparecchio di cui si dispone, una distillazione attenta ed accuratamente diretta.
Ho detto indipendentemente dall'apparecchio perchè ogni lambicco può rispondere bene allo scopo quando sia abilmente diretto; quando cioè si soddisfi alle condizioni imposte dalla sua costruzione, si sappia regolare bene la distillazione in modo da ricavare dal vino quasi esclusivamente quei composti che determinano la bontà del prodotto, e si badi sopra tutto alla scrupolosa pulizia dell'apparecchio stesso.
L'ottimo Cognac delle Charentes, di fama mondiale, si produceva infatti con lambicchi molto semplici, né i distillatori di quella regione pensarono a disfarsene, neanche dopo i notevoli perfezionamenti introdotti dai costruttori.
Né ciò deve meravigliare, poiché era lecito a quei distillatori, che vendevano i loro prodotti a prezzi favolosi, non curare l'economia di tempo e di combustibile, che i nuovi apparecchi perfezionati avrebbero loro apportato. E sapevano bene, d'altra parte, che il prodettto non ne avrebbe guadagnato in finezza, giacché, con la doppia distillazione praticata con ogni cura e diligenza, essi sentivansi in grado di supplire benissimo alla deficienza dell' apparecchio in uso.
Non è dunque indispensabile, por ottenere un cognac fino, adoperare lambicchi perfezionati, ma questi bisogna preferire per la notevole economia di tempo, mano d'opera, combustibile ed acqua, che è dato conseguire con essi, mentre permettono sempre di ottenere un ottimo prodotto, quando si disponga di buoni vini.
Né oggi si può fare a meno di preferirli, se si considera che l'industria della fabbricazione del cognac, dovunque essa sorga, dovrà esplicarsi in modo ben diverso da quanto succedeva nelle due Charentes nei bei tempi che precedettero l'invasione fillosserica.
Quivi tutti i piccoli proprietari erano anche distillatori. Durante il forzato ozio dell'inverno, essi dedicavano il loro tempo a quest'industria, distillando nel modo sopra accennato i loro vini.
Il prodotto veniva tosto venduto, a prezzi assai rimuneratori, ai numerosi incettatori, i quali ne curavano la manipolazione e l'invecchiamento, rivendendolo poi sotto il nomo di cognac.
E cosi, mentre la fabbricazione dell'acquavite delle Charentes era sparsa in tutta la regione, il commercio di essa era concentrato presso le grandi Case commerciali di Cognac e Jarnac, dove, con rara abilità, venivano insieme riunite le acquevite acquistate, nelle proporzioni relative ai pregi di ciascuna, in modo da ottenere, oltre che un tipo costante, un tipo perfetto.
Era dunque nettamente distinta la parte del produttore o distillatore da quella del commerciante. Compito del primo era semplicemente quello di distillare, e dacché egli poteva disporre di molto tempo, di fronte ad una quantità di vino da lavorare relativamente piccola, era naturale che poco si curasse dei piccoli inconvenienti derivanti dalla semplicità del suo lambicco e quindi di averlo più perfezionato.
Ma in quelle regioni, dove l'industria del cognac s'impianta per la prima volta, non è dato certo trovare che i viticultori siano nello stesso tempo distillatori. Per cui l'industriale potrà avere dai coltivatori del luogo la materia prima vino, ma non l'acquavite pronta all' invecchiamento; bisogna quindi che produca da sé il distillato che deve in seguito manipolare e invecchiare.
Potrà quindi il moderno fabbricante di Cognac, che ha dinnanzi a sé una notevole quantità di vino da trasformare, e la necessità di badare all'economia, onde la vendita del suo prodotto gli sia proficua, servirsi dell'antico alambico ?
È d'uopo invece ch'egli ricorra agli apparecchi più perfezionati, che, concedendogli parimenti di ottenere un distillato fino, gli permettono una notevole economia di tempo e di spesa.
Hanno torto alcuni di credere che gli apparecchi a distillazione continua non siano atti a produrre un Cognac buono e fino, sia per la difficoltà di raccogliere separatamente quella parte di distillato che racchiude l'aroma e il profumo, sia per la difficoltà di ripulire bene quelle parti del lambicco cui aderiscono gli olii empireumatici.
Io invece credo cho con quosti apparecchi, quali, per esempio, il Neukomm e l'Egrot, che sono oggi ritenuti i più adatti allo scopo, si possa ottenere un Cognac fino e profumato, sempre quando si impieghino vini sani, e il distillatore, che si prefigge di ottenere un prodotto di qualità scelta, sappia regolare bene la distillazione, separando i prodotti di testa al principio di essa, e quei di coda alla fine della medesima, quando cioè cominciano a distillare gli eteri più pesanti e gli olii empireumatici.
Si avrà il vantaggio di ottenere direttamente il distillato al grado voluto, risparmiando tempo e combustibile, di poter fare senza di acqua di refrigerazione, e di non interrompere il lavoro che quando si reputa necessario di pulire qualche parte dell'apparecchio.
É dunque l'uso degli alambicchi perfezionati che bisogna oggi consigliare a chi si dà all'industria del Cognac.
Citerò i tipi principali, di cui non starò a fare, per brevità, la descrizione.
Tipo Egrot. E' a distillazione continua ed a fuoco diretto, ma può anche essere scaldato a vapore. Il vino fa da refrigerante, ma disponendo di molta acqua si può utilizzarlo mediante una piccola modificazione, ovviando così all' inconveniente da alcuni affacciato, che il vino, col lento e prolungato riscaldamento, che subisco nello scaldavino, diventi aspro a scapito della qualità del distillato.
Questo apparecchio che occupa poco spazio ed è semplicissimo nel suo funzionamento, esaurisce completamente il vino mediante piatti speciali di distillazione, nei quali è considerevole il cammino che quello percorre nel discendere in caldaia.
I vapori alcoolici che si formano, salgono attraverso gli stessi piatti, ed incontrando nel loro percorso il vino lo spogliano dell' alcool, arricchendosene essi maggiormente.
Vi sono vari modelli di Egrot alcuni [aggiunto a penna] capaci di lavorare da 4 a 1000 ettolitri di vino in 24 ore; altri di proporzioni più modeste, come il n. 02, capace di lavorare 12 ettolitri di vino nelle 24 ore.
Occorrono da sette ad otto kg. di legna per ogni ettolitro di vino.
Lambicco multiplex a fuoco nudo. E un nuovo lambicco dell' Egrot. Ecco come ne scrive il Cantamessa:
« Questo lambicco è destinato non solo alla distillazione dei vini, ma anche a quella delle vinacce, delle feccie ecc. e presenta tutti i vantaggi dei lambicchi semplici, cosi adatti per la preparazione delle acquaviti sopraffine in virtù del frazionamento dei prodotti ottenuti, ed a questi aggiunge i vantaggi degli apparecchi a distillazione continua, che sono: l'economia di tempo e di combustibile e la soppressione dell'uso dell'acqua ».
Tutto il calore lasciato dalla condensaziono dei vapori alcoolici è completemente utilizzato, e il vino è introdotto nel lambicco alla temperatura dell'ebollizione, dopo avere, durante la sua permanenza nello scaldavino, subito un principio di distillazione, cho permette di raccogliere a parte i prodotti di « testa ».
Lo stesso apparecchio può essere scaldato a vapore, per mezzo di una piccola modificazione della caldaia.
Avendo delle grandi quantità di vino da distillare, si ha vantaggio dal punto di vista dell'economia del combustibile o della maggior quantità di prodotto giornaliero a impiegare il lambicco multiplex a due caldaie. Un altro tipo di Egrot, meno importante dei precedenti è quello con refrigerante a pioggia.
Tipo Neukomm. È anch' esso a lavorazione continua, ed utilizza il vino come refrigerante. È molto elegante e richiede anch'esso poco spazio, ma locali piuttosto alti. Esaurisce molto bene il vino, ed è lodato in Germania per il buon prodotto che da esso si ricava. Si hanno diversi modelli anche di Neukomm. « Quello a due lenti di deflemmazione, » scrive il Cettolini che lo esperimentò, « può distillare circa 10 ettolitri di vino nelle 24 ore, consumando 3 kg. di legna per ettolitro ».
Alambicco Stollàr. Un altro buon apparecchio a lavoro continuo è la distillatrice migliorata per cognac di Slollàr, che ha molta analogia con l'alambicco Neukomm.
Distillatrice Savalle. Questa è piuttosto destinata ai grandi impianti ; può produrre da 600 a 14.000 litri di acquavite ogni 10 ore di lavoro, a seconda delle dimensioni. Anche qui è il vino che fa da refrigerante.
Deroy. Altro apparecchio adatto alla distillazione del vino è quello del Deroy, con lente deflemmatrice; ma per la poca rapidità della lavorazione, e la poca economia del combustibile sta molto al di sotto agli apparecchi a scaldavino. Si ottengono però prodotti assai puri.
Credo utile riportare, rilevandoli da un interessante lavoro dell' enotecnico Ziravello, pubblicato nell'annuario (1892-1893) della Scuola Enologica di Cagliari, i seguenti dati circa lo stato di purezza degli alcoli, ottenuti con alcuni degli apparecchi citati, e nei loro diversi stadi di lavorazione. I saggi furono fatti sul distillato appena prodotto, servendosi del metodo Röse.
Ma l'aumento del cloroformio non è dovuto ai soli alcoli superiori, bensì al complesso delle impurità, quindi anche agli acidi liberi, eteri, aldeidi, non essendo stata, in precedenza, eseguita la distillazione dei campioni con potassa caustica (1).
La minor copia di impurità nella massa (al grado primitivo p. 0I00) si è ottenuta, come vedesi, con l'apparecchio Deroy (con lente deflemmatrice), la maggiore col Deroy senza lente. Degli altri tre apparecchi la cifra più bassa è data dall'Egrot a scaldavino.
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(1) Perchè l'aumento del cloroformio possa attribuirsi ai soli alcooli superiori, i chimici Stutzer e Reitmer hanno proposto una preliminare distillazione dell'alcoole in presenza di potassa, perché in tal maniera gli acidi restano nel residuo allo stato di sali, gli eteri vengono saponificati, le aldeidi si polimerizzano, e gli olii eterei, in parte almeno, sono più o meno profondamente modificati (specie quelli contenenti ossigeno) per cui diventano meno solubili nel CH Cl3.